• Gaetano Riina, 88 anni, sarà trasferito in una località siciliana
  • Era detenuto dal 2011 al carcere torinese delle Vallette
  • Deve scontare la pena per mafia ed estorsione aggravata fino al 2023

Gaetano Riina, fratello del boss Totò Riina, lascia il carcere torinese delle Vallette dove doveva scontare una pena fino al 2023 e da dove era detenuto dal 2011 per mafia ed estorsione aggravata. Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza del capoluogo piemontese che ha disposto la detenzione domiciliare su istanza dei suoi legali. In questo procedimento è stato assistito dagli avvocati Vincenzo Coluccio, di Torino, e Maria Brucale, di Roma, dell’associazione Nessuno tocchi Caino.

Gaetano Riina ha 88 anni e ha da tempo gravi problemi di salute. Sarà trasferito in una località della Sicilia. Una sua precedente richiesta di differimento pena o detenzione domiciliare era stata respinta lo scorso 15 settembre.

A settembre 2020 i domiciliari gli erano stati negati

A metà settembre dello scorso anno, lo stesso tribunale di sorveglianza di Torino aveva deciso di non concedere al detenuto la detenzione domiciliare né il differimento della pena causa “infermità” che in quell’occasione aveva respinto un’istanza del suo legale.

Gaetano Riina era detenuto nel carcere delle Vallette in regime di alta sorveglianza. La pena che stava scontando gli è stata inflitta dalla Corte d’appello di Napoli per avere partecipato a un’associazione di stampo mafioso. Ha dei problemi di salute (è stato anche ricoverato per un mese nel reparto detenuti dell’ospedale Molinette) che, secondo una prima interpretazione della pronuncia del tribunale, erano state giudicate compatibili con la reclusione nella struttura torinese.

Nel 2018 gli sequestrarono conti e casa

Nell’aprile 2018, inoltre, gli uomini dei carabinieri avevano sequestrato un appartamento di 10 vani a Mazara del Vallo, intestato alla figlia di Riina, Maria Concetta, e 7 rapporti bancari ed assicurativi riconducibili al nucleo familiare.

L’indagine patrimoniale, secondo quanto riferito all’epoca dai carabinieri, consentì di accertare un’evidente sperequazione tra i redditi dichiarati da Riina e il valore dei beni a lui intestati o comunque a lui riconducibili.