- Comitati “molto poco tecnici e molto più a trazione politica”
- Per gli intervenuti alla conferenza, costituzione di questi comitati è “Contraria all’articolo 97”
- Per Silvia Mazza “In Sicilia si fa leva, su legge regionale del 2000 del tutto in contrasto col Codice dei beni culturali”
Tutti d’accordo, associazioni, specialisti del settore e rappresentanti dell’Università che si sono dati appuntamento a Palermo, ai Cantieri Culturali alla Zisa, allo Spazio Mediterraneo, per la conferenza “Sul futuro dei parchi archeologici: no ai politici al posto dei tecnici”.
Iniziativa promossa dalla storica dell’arte e giornalista Silvia Mazza, che da anni si occupa di parchi archeologici e ha firmato di recente un’inchiesta sulla testata specialistica “Finestre sull’Arte”: l’autonomia dei tecnici va tenuta al riparo dall’ingerenza politica, mentre questo Governo regionale vuole addirittura mettere in mano ai sindaci un parere che solo le Soprintendenze possono rilasciare.
Comitati “poco tecnici ed a trazione politica”
“La commistione tra politica ed amministrazione – si legge in una lunga nota – messa in atto con la nomina del 20 maggio scorso da parte dell’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà dei primi due comitati tecnico-scientifici, molto poco tecnici e molto più a trazione politica, dei Parchi archeologici di Himera e Tindari, è stata stigmatizzata per il profilo anticostituzionale”.
“Contraria all’articolo 97”
Per le associazioni, specialisti del settore e rappresentati dell’Università è “Contraria all’articolo 97” perché “i principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, richiamati dalla Carta – ha detto Mazza – posso essere garantiti solo dalla separazione tra funzione di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa”.
Principi affermati dalla legge Bassanini in poi, fino alla cosiddetta riforma Madia del 2017, recepita dalla legge regionale sulla ‘sburocratizzazione’ Grasso-Armao.
Invece di evitare la confusione di ruoli nei comitati nominati un mese fa troviamo 9 sindaci, amministratori locali e quindi politici, che siedono al fianco di 3 tecnici nel parco di Himera e in quello di Tindari 5 affianco sempre a 3 tecnici.
“La preponderanza di consiglieri di natura politica rispetto ai tecnici ed agli esperti della materia all’interno di un comitato tecnico-scientifico è già di per sé una contraddizione in termini” ha sottolineato Alessandro Garrisi, presidente Ana, Associazione nazionale archeologi, che pure ha sempre avuto uno spirito collaborativo con l’assessorato. E si domanda: “Cosa rimane di un ‘parco archeologico’ se a prendere le decisioni è un comitato tecnico scientifico in cui decidono i politici?.
Ignazio Buttitta, professore ordinario di Storia delle Tradizioni Popolari all’università di Palermo ha detto: “È uno dei tanti esiti nefasti di una mancata previsione del progressivo declino delle competenze nei beni culturali e del rapporto rarefatto con le istituzioni accademiche e di ricerca territoriali”.
L’aspetto più preoccupante per i relatori è che questi comitati, così composti, possono esprimere un parere “tecnico” non consultivo, ma vincolante, in sostituzione delle Soprintendenze.
“La legge statale, 110/2014, da cui discende l’articolo 9 bis del Codice dei beni culturali (D.lgs 42/2004’), parla chiaro – dice Andrea Camilli, presidente Assotecnici – riconosce questo pronunciamento in via esclusiva solo a chi è dotato delle dovute competenze scientifiche”.
“In Sicilia si fa leva su legge in contrasto col codice beni culturali”
“In Sicilia si fa leva, invece, sulla legge regionale 20 del 2000 che regolamenta il settore – ha spiegato Mazza – con una clausoletta confermata nei Regolamenti dei parchi che costituiscono parte integrante dei decreti istitutivi, ma del tutto in contrasto col Codice dei beni culturali, che la Corte Costituzionale ha qualificato ‘come norma di grande riforma economico-sociale che anche le Regioni a statuto speciale debbono osservare’ (sentenza 172/2018). Se ancora nella legge 20 si cita l’abrogato Testo Unico del 1999, in questi regolamenti si legge proprio che ‘per gli interventi proposti dal Direttore del Parco, da eseguirsi all’interno del parco’ il parere espresso dal Comitato ‘sostituisce l’autorizzazione da rendersi ai sensi del D.lgs 42/2004’”.
Mazza osserva: “Ogni qual volta si dovranno adottare provvedimenti restrittivi nei territori da loro amministrati. Si arriverebbe al paradosso per cui il sindaco di un Comune nel caso di imposizione di un vincolo archeologico, sovraordinato al Piano regolatore generale, deve adeguare al vincolo il Prg e, al contrario, si trova ad avere potere decisionale, in grado di incidere sulle scelte che riguardano il demanio di un Parco”.
Insomma, sindaci da una parte portavoce degli interessi dei territori che amministrano e dall’altra chiamati ad esprimere parere sugli stessi. Beninteso, non tutti i sindaci. L’aver partorito dei parchi extra-large ha raggiunto l’infelice risultato di aver creato dei sindaci, dei Comuni, e quindi dei cittadini di serie A, che partecipano alle decisioni del parco, e altri di serie B, che nessuna voce hanno in merito. Tredici parchi, oltre alla Valle dei Templi, l’intero territorio regionale con tutte le province coinvolte.
Una commistione, quella tra politica e amministrazione, additata anche dal grande assente alla conferenza, il compianto assessore Sebastiano Tusa, del quale Mazza ha letto le dichiarazioni rilasciate in un altro incontro sui parchi che lei stessa aveva promosso, nel 2018, al Museo Orsi di Siracusa: “La politica, ci insegnano i greci, è la più alta forma di gestione della cosa pubblica. Però la politica, quando si tratta di scelte di carattere tecnico scientifico, deve fare un passo indietro”, aveva allora detto l’illustre archeologo.
“Quello che è stato fatto non è ciò che avrebbe fatto Tusa”
Anche Gianfranco Zanna, presidente Legambiente, ha sottolineato che “quello che è stato fatto non è ciò che avrebbe fatto Tusa, lui non avrebbe mai voluto le forzate aggregazioni fatte nel 2019 di parchi concepiti distinti e per cui ci ritroviamo questa squadra di sindaci all’interno di un solo parco”.
Parole, quelle di Tusa, e ben due disegni di legge a sua firma che avrebbero dovuto porre rimedi a carenze e contraddizioni normative. Ddl disattesi coi risultati di oggi. “Ricordo – ha detto ancora Zanna, presidente di Legambiente, – che la legge 20 del 2000, nella parte seconda, quella che riguarda tutti gli altri parchi, all’infuori della Valle dei Templi, non è altro che la trasposizione dell’art. 107 della legge regionale n. 25/1993, che recava una disciplina sull’istituzione di un sistema dei parchi archeologici, sommaria però, che spiega le contraddizioni. Dopo ventuno anni è evidente che la legge andava aggiornata prima di applicarla”.
Ma Tusa non era il solo in questo Governo ad avere coscienza che la legge sui parchi andava corretta e integrata prima di applicarla. Lo era anche l’assessore all’Economia Gaetano Armao, che lo scriveva in un articolo su ‘Aedono. Rivista di arti e diritto online’ nel 2020, a parchi belli che fatti ma a legge invariata. E non solo di questo era cosciente Armao. Nell’aprile 2017, a qualche mese dalle elezioni regionali che lo avrebbero poi portato anche alla vicepresidenza della Regione, su ‘AmbienteDiritto.it’ anche lui stigmatizzava la commistione tra politica ed amministrazione in un organo pure misto, il consiglio regionale dei Beni culturali ricomposto da Crocetta. Per cui verrebbe da chiedersi se il professore Armao, docente di diritto amministrativo europeo e contabilità pubblica, all’Università di Palermo dell’aprile 2017 non abbia nulla da dire all’attuale vicepresidente e assessore Armao.
“Applicata legge di 21 anni fa non aggiornata”
I relatori della conferenza si chiedono cosa hanno fatto, dunque, prima Musumeci, istituendo i parchi (e Tusa nei ddl aveva previsto correttivi anche per l’iter istitutivo) e poi Samonà, nominando i comitati? Invece di correggerla e completarla, sono andati ad applicare così com’è una legge datata a 21 anni fa, non aggiornata alla sopravvenuta normativa.
Senza domandarsi, cioè, se non sia indebita l’ingerenza di questi Comitati a trazione politica nelle funzioni soprintendentizie e se non sia indebita la stessa ingerenza politica nella composizione di organi tecnici. Tutti i vizi sul piano normativo sono stati evidenziati da Sergio Foà, professore ordinario di Diritto Amministrativo all’Università di Torino. “Nonostante una riserva di competenze riconosciuta alla Soprintendenza, l’applicazione della stessa norma (legge 20/2000, ndc.) consente che un ‘parere’ del Comitato sostituisca il provvedimento di autorizzazione della Soprintendenza” e conferma, “la stessa ‘deroga’ appare di dubbia legittimità costituzionale, in quanto in contrasto con il sopravvenuto Codice”.
Sui comitati
Ancora sui comitati: “dalle competenze attribuite all’organo – dice il giurista – e dalla sua composizione si desume una natura giuridica mista, posto che a compiti tecnici si aggiungono compiti amministrativi, laddove la componente politica, espressa dai Sindaci, concorre a esprimere un parere non meramente consultivo, ma vincolante, quindi sostanzialmente coincidente con il provvedimento conclusivo”.
E sulla pletoricità dei comitati: “In quanto organi con compiti di amministrazione, agli stessi si applicano le previsioni di legge sulla riduzione dei componenti (3 e per particolari esigenze 5)”, e “il numero di componenti del Comitato, peraltro non omogeneo nei diversi Parchi, pare dunque violare tale limite, avendo l’organo in esame compiti (anche) di amministrazione”.
In riferimento all’introduzione della gratuità dell’incarico di componente del comitato, per cui la legge regionale invece prevede un trattamento economico: sul punto “i decreti istitutivi, che sono atti amministrativi, hanno disapplicato la legge regionale, la strada corretta sarebbe stata dunque la previa modifica della legge regionale”.
Mentre aver previsto il rimborso spese a carico del bilancio dei parchi in cui l’autonomia finanziaria non è effettiva “pare evidente che in carenza di servizio di tesoreria e di cassa dell’Ente Parco, lo stesso non possa provvedere direttamente al rimborso delle spese di viaggio previste ai componenti beneficiari”.
Ma saranno validi i pareri che esprimeranno questi comitati in assenza di un componente? Proprio la nomina dell’ ‘esperto’ che avrebbero dovuto esprimere congiuntamente i sindaci, incredibilmente, la si è rinviata ad un futuro decreto.
Per Foà “ancorché vi siano gli esperti di nomina regionale, pare essenziale altresì la presenza e l’espressione della posizione dell’esperto nominato dai Sindaci, chiamato a valutare i profili tecnici degli interventi da assentire, di interesse per i Comuni. La previsione di legge, inoltre, non pare consentire deliberazioni assunte senza che l’organo sia stato insediato nella sua interezza: così, nel caso in cui difetti l’esperto espresso dai Sindaci, l’organo non risulterà legittimamente costituito e le deliberazioni eventualmente assunte in tale composizione risulteranno viziate per violazione di legge”.
Violazioni di legge, decreti viziati, la tutela ipotecata, sindaci come soprintendenti, l’invito al Governo scaturito dalla conferenza è, dunque, quello di ripensarci e fermarsi immediatamente finché si è in tempo. “Che ascolti per una volta la voce dei tecnici – ha concluso Mazza – che non sono agenti con licenza di frenare lo sviluppo economico di una Regione o di un Paese, ma solo coloro in grado di fornire anche e proprio ai politici gli strumenti tecnici per un progresso sostenibile per il nostro patrimonio culturale”.
Invitato, se fosse venuto l’assessore Samonà, che ha fatto sapere di avere “l’agenda fitta di appuntamenti sulla Sicilia orientale”, avrebbe forse tratto qualche spunto dalla marcata interdisciplinarietà della conferenza.
I diversi contributi saranno consegnati a un dossier che verrà depositato in V Commissione “Cultura, formazione e lavoro” dell’Ars, e a cui hanno aderito anche Salvatore Settis, Accademico dei Lincei e Sergio Rinaldi Tufi, già professore Ordinario di Archeologia delle province romane alle università di Siena e Trieste.
“Primato di disoccupazione intellettuale per ex allievi siciliani”
“Mentre i miei allievi non italiani, salvo poche eccezioni, ricoprono ruoli importanti in università, centri di ricerca, organi di tutela archeologica statali o locali o sono diventati professionisti, in Italia la proporzione s’inverte, la stragrande maggioranza fa tutt’altro e al top, al triste top, il primato della disoccupazione intellettuale è per i miei ex studenti siciliani”, Philippe Pergola, professore e decano del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana.
Di lavoro ha parlato Andrea Incorvaia, di Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali: “l’inserimento di non professionalità, come quella dei Sindaci, nei comitati tecnico-scientifici dei parchi rischia di tagliare ancora di più le gambe ad una categoria mai così bistrattata, quella delle lavoratrici e dei lavoratori di settore, in un’Isola con un organico decisamente ‘vecchio’ e per certi versi ‘non professionalizzato’”.
Sempre sul fronte delle professionalità, “è indispensabile la commistione tra archeologia e architettura del paesaggio per la comprensione della storia nel presente”, Lucia Pierro, Architetto, cofondatrice di AutonomeForme, vicncitore di Holcim, GreenGooddesign. “Una pessima prova che discende dalle piene competenze che la Regione ha in materia”, per Angelina De Laurenzi, comitato nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata.
L’ingegnere Marcello Conigliaro, prorettore alla Ricerca del dipartimento di Studi Europei Jean Monnet, ha invece mostrato alcune buone pratiche del passato, delle applicazioni tecnologiche “grazie alle quali i parchi siciliani sono stati pionieri in Italia”.
Del patrimonio materiale e immateriale applicati al caso dei parchi archeologici ha parlato Rosario Perricone, segretario generale Simbdea, Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologi. “Icom, (International Council of Museums), che in un’ottica di collaborazione ha da pochi mesi sottoscritto un protocollo di intesa con l’Assessore”, informa il coordinatore regionale Francesco Mannino, auspica “sempre più il coinvolgimento di professionisti del settore” e va oltre la questione dei sindaci sperando che anche il parere delle “associazioni di categoria sia a titolo consultivo” e annuncia “una imminente piena applicazione del Sistema Museale Nazionale”, che vede finalmente la Sicilia aderirvi, ultima tra le Regioni.
Infine Gioacchino Francesco La Torre, professore ordinario di Archeologia Classica, Università di Messina, ha stigmatizzato “la mancanza di coerenza nell’azione della Pubblica Amministrazione, che da un lato offre e promuove percorsi formativi seducenti, per profili dei quali si avverte pure la necessità, ma che poi, ai formati interdice l’accesso a quei ruoli”.
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