Due suicidi e un tentato suicidio a poca distanza di tempo in due carceri della Sicilia. Un detenuto morto e uno in gravi condizioni all’Ucciardone di Palermo e una detenuta suicida al Gazzi di Messina. Fatti che ripropongono il dramma degli atti autolesivi commessi da persone detenute, che tende purtroppo, sempre più ad aggravarsi. Lancia l’allarme il Garante dei diritti dei detenuti Giovanni Fiandaca.

Troppi gravi avvenimenti sull’Isola

Il Garante interviene sui tragici fatti di cronaca degli ultimi giorni e invita tutti gli “organi preposti sul piano giudiziario, penitenziario e sanitario ad alzare l’attenzione sul fenomeno e i responsabili dei penitenziari ad attivare progetti di “accoglienza” alla vita carceraria, soprattutto nei confronti di chi fa il suo primo ingresso negli istituti di pena”.  Un giovane detenuto di 25 anni è stato trovato impiccato nella sua cella al cercare dell’Ucciardone a Palermo. Il corpo è stato scoperto dagli agenti della polizia penitenziaria nel corso dei controlli. Una detenuta si è suicidata al Gazzi di Messina. Stamani l’altra tragedia che vede un detenuto trentenne in gravi condizioni dopo aver tentato l suicidio al carcere Ucciardone, impiccandosi.

La situazione non è da sottovalutare

“Come ha messo in evidenza il Garante nazionale – spiega Fiandaca – negli ultimi anni non ci sono mai stati in Italia così tanti suicidi in carcere in così poco tempo: sono più di 10 dall’inizio dell’anno. Questo aumento di eventi suicidari suscita allarme e grande preoccupazione – dice Fiandaca – in considerazione anche del fatto che la perdurante emergenza sanitaria ha reso ancora più difficili le condizioni della vita detentiva pure sotto il profilo di un aumento dell’ansia e dello stress psicologico, sia nella popolazione detenuta, sia nel personale penitenziario”.

Più psicologi e psichiatri in servizio negli istituti di pena

Secondo il Garante, inoltre, “va rivolta particolare attenzione ai soggetti particolarmente fragili, e tali sono non di rado – dice – persone giovani che fanno per la prima volta ingresso in carcere vivendo una frattura traumatica rispetto alla vita precedente, cui non sono preparati a reagire. Specie rispetto ai detenuti primari, occorre dunque incrementare l’attenzione da parte di tutti gli organi competenti, sui rispettivi piani giudiziario, penitenziario e sanitario: prima di disporre misure carcerarie, vigilando con attenzione su chi entra in carcere per la prima volta, e rafforzando la presenza di psicologi e psichiatri in servizio negli istituti di pena. È necessario anche rivedere e aggiornare senza indugio i protocolli per la prevenzione dei suicidi e degli atti autolesivi, come è opportuno che nei singoli penitenziari si promuovano progetti di cosiddetta prima accoglienza, coinvolgendo – previa adeguata formazione – anche gruppi di detenuti nell’attività di sostegno psicologico ai nuovi arrivati”.

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