Sono state oltre 150 le domande di partecipazione alle selezioni per la rassegna “70/30 – Il teatro che verrà”, promossa dal Teatro Biondo di Palermo per gli artisti under 30, ai quali il Biondo offre il palcoscenico, i servizi tecnici, la comunicazione e l’intero incasso (tolte le spese Siae). Hanno risposto al bando, da tutta Italia e anche dall’estero, compagnie di teatro e danza e singoli performer, le cui proposte hanno contribuito a tracciare una mappa della nuova creatività, alla quale il Teatro Biondo si riserva di attingere anche in futuro per altre iniziative dedicate ai giovani.
“La quantità e la qualità delle domande presentate” – spiega il direttore del Biondo Roberto Alajmo – “hanno fatto affiorare un continente sommerso di giovani compagnie che normalmente sfuggono ai radar dei teatri Stabili. Le compagnie selezionate sono solo un’avanguardia: loro, assieme a molte altre che si sono candidate, rappresentano il futuro del teatro italiano. Questa vetrina consentirà a loro di farsi conoscere da un pubblico più vasto e diverso dai circuiti abituali, e al Biondo di ottemperare ancora una volta al suo ruolo di servizio pubblico teatrale”.
La rassegna 70/30, curata da Roberto Giambrone, prenderà il via nella Sala Strehler del Teatro Biondo il 1° ottobre e proporrà i sei spettacoli ritenuti più interessanti per tematiche, stile e maturità espressiva. Il comune denominatore dei lavori scelti, condiviso con buona parte delle proposte giunte al Biondo, è il disagio delle nuove generazioni di fronte alla complessità e alla violenza del contemporaneo, che esige prestazioni sempre più dure a fronte di un incerto e cupo futuro. I giovani autori, registi e attori portano in scena la loro rabbia, il disagio, ma anche i desideri e le speranze, liberandole come in un rituale catartico.
Si comincia l’1 e 2 ottobre alle 21 con “Sempre domenica” del Collettivo Controcanto di Roma, con la regia di Clara Sancricca. Uno spettacolo sul lavoro, o meglio sul tempo, l’energia e i sogni che il lavoro quotidianamente mangia, consuma, sottrae. Sul palco, Federico Cianciaruso, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, schierati di fronte al pubblico su sei sedie, tessono una trama di storie incrociate. Sono vite affaccendate nei quotidiani affanni, vite che si arrovellano e intanto si consumano, che a tratti si ribellano in un carosello di moti e fallimenti dove il lavoro pesa come un destino ineluttabile.
Il 5 e 6 ottobre alle 21 sarà la volta di Fabrizio di Manuel Capraro, un one man show interpretato da Giacomo Lilliù e proposto dalla Compagnia Gli Artimanti, che opera tra Milano e Roma. In un mondo in cui l’unica cosa che conta è il denaro, in cui i sentimenti, le emozioni, la musica, il movimento non sono concessi, Fabrizio denuncia la necessità di aggrapparsi a qualcosa di profondo ed eterno, la sua immaginazione e le sue allucinazioni ci traghettano all’interno dei ricordi e ci fanno entrare nel Burlesque Club del suo grande amore, la star Mirandolina, presa in prestito da La locandiera di Goldoni. Un monologo incalzante, appassionato e tragico: il grido di una generazione che non si arrende e che lotterà fino all’autodistruzione.
A seguire, l’8 ottobre alle 17:30 e il 9 alle 21, il Collettivo Schlab di Roma proporrà “Fäk Fek Fik”, diretto da Dante Antonelli e interpretato da Martina Badiluzzi, Giovanna Cammisa e Arianna Pozzoli. Lo spettacolo, vincitore lo scorso anno del “Roma Fringe Festival”, è una scrittura originale che comincia là dove finisce il testo Le presidentesse del caustico drammaturgo austriaco Werner Schwab. Le tre pensionate di Schwab, imprigionate in una vuota e desolante cucina sono sostituite da tre giovani, che riprendono le fila del discorso con lo spirito della loro età, con la follia urlata della loro giovinezza emarginata, disillusa, arrabbiata. Tre ragazze che hanno l’ardire di sfidare il deserto di sentimenti e di valori del mondo contemporaneo, in nome delle minoranze, delle sottoculture oppresse e travolte dal rumore assordante della comunicazione. Desideri d’amore sempre più contorti e incerti, emarginazioni sempre più silenziose, periferie di un mondo globalizzato sono al centro di questa invettiva acuta e ironica, appassionata ma spietata.
Il 15 e 16 ottobre alle 21 saliranno sul palco i palermitani Gabriele Cicirello e Simona Sciarabba, per interpretare Caterina, di cui Cicirello è anche autore – insieme a Manuel Mannino – e regista. L’ossessione per una donna impedisce al protagonista il raggiungimento delle sue ambizioni artistiche, ma allo stesso tempo diventa fonte di ispirazione per la sua creazione. Un conflitto che procura sofferenza e conduce ad estreme conseguenze. La donna, benché compaia solo come silhouette e voce senza volto, domina la scena. La drammaturgia non lascia intendere se essa sia mai esistita o se sia già morta, in fondo potrebbe essere solo un’ombra di cui l’uomo è ora vittima e ora carnefice.
La rassegna proseguirà il 22 e 23 ottobre, sempre alle 21, con A tre ombre, ideato, diretto, coreografato e interpretato dalle attrici e danzatrici palermitane Federica Aloisio, Federica Marullo, Gisella Vitrano. Lo spettacolo racconta, con i linguaggi del teatro e della danza, i diversi desideri che convivono in seno ad un unico individuo, che si diverte a giocare e ad orchestrare le proprie ombre. Il filo sul quale sono stese alcune lenzuola segna il confine tra la luce e l’ombra, tra l’agire e il desiderio di ritrarsi dal mondo. Questa paradossale condizione è il pretesto per tracciare un bilancio della propria vita. Lettere mai inviate, decisioni mai prese, medaglie mai vinte, che sembrano condurre ad un unico inesorabile epilogo.
La rassegna si concluderà il 26 e 27 ottobre, alle 21, con “Un tram che si chiama Desiderio” di Tennessee Williams nella messa in scena della Compagnia Fogli Bianchi di Milano diretta e interpretata da Dalila Reas, Davide Casarin, Viola Lucio e Giacomo Vigentini. Un classico della moderna letteratura drammatica rivisitato da un gruppo di ragazzi appena diplomati all’Accademia Paolo Grassi di Milano. Un accurato lavoro sulla recitazione, per portare alla luce i conflitti insiti nel testo. Elementi come l’acqua, la scenografia claustrofobica e i tamburi che suonano nei cambi scena, servono a sottolineare e rendere forti le linee di tensione di cui il testo è composto. Una regia semplice ed efficace, per uno spettacolo giovane e per tutti, dove la tensione cresce fino all’ultima toccante scena.
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