L’aereo che riportava a Palermo Elena Pastux e la piccola Elisa disabile in carrozzina e la primogenita Litiia di 23 anni ha atterrato al Falcone Borsellino.

Il volo della Ryanair è partito dalle 15.15 da Cracovia ed è arrivato nello scalo di Punta Raisi con quindici minuti di anticipo.

Ad attendere la donna e le due figlie fuggite dalla guerra ci sono i giornalisti e  operatori  e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

“Il mio primo pensiero va ai miei compatrioti ucraini che sono in guerra e si trovano sotto le bombe. È stata un’esperienza terribile. Abbiamo passato diversi giorni nei rifugi insieme a tanti altri concittadini di Kiev senza sapere cosa fare. Giornate intere davanti alla televisione. Poi per fortuna un tedesco ha preso sua moglie e mi ha portato con se insieme alle mie figlie. Abbiamo viaggiato giornate intere, fermandoci solo quando c’era l’allarme anti aereo”.

Elena Pastux insieme alle figlie è arrivata all’aeroporto di Palermo. Un viaggio incredibile in fuga dalla guerra e dalle bombe.

“E’ stato davvero terribile. Abbiamo sentito le bombe cadere vicino al nostro appartamento a Kiev. Gli alimenti per mia figlia che gravi problemi all’intestino che scarseggiavano. Ringrazio tutti quelli che si sono adoperati per farmi tornare a Palermo – aggiunge Elena – In Ucraina la situazione è davvero tragica.

Sono davvero in pena per quanti sono rimasti lì ad iniziare da i miei parenti. Il nostro viaggio, la nostra fuga è stata terribile. In diversi momenti abbiamo avuto paura e abbiamo avuto paura di essere uccisi. Per fortuna in tanti si sono mobilitati per riportare me ed Elisa a Palermo”.

“E’ la fine di incubo, ma in Ucraina la situazione è troppo grave. Lì ammazzano bambini. Le mamme e i bambini stanno nei rifugi antiaerei senza medicine senza cibo. È tutto chiuso. E i bambini muoiono”.

Racconta in lacrime Elena Pastux la donna che è fuggita dalla guerra insieme alla figlia Elisa disabile e la primogenita di 23 anni. “Io mi sento come un topo che è scappato. L’ho fatto per mia figlia. Io sarei rimasta e avrei dato il mio contributo ad aiutare quanti soffrono in questa guerra – aggiunge la mamma – Abbiamo viaggiato 5 giorni.

Un tedesco ci ha portato da Kiev fino alla frontiera polacca senza fermarci nemmeno per andare in bagno o comprare qualcosa da mangiare. Arrivati alla frontiera ci hanno messo in ospedale per riposare. Poi alcuni volontari ucraini hanno fatto passare me e la bambina dalla frontiera senza aspettare il turno. I russi ammazzano la nostra gente. Ucraina ha bisogna di auto. L’Europa ci deve aiutare”.

 

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