La guerra in Ucraina avrà degli effetti negativi sui prezzi per le materie prime: il costo del pane si impennerà in modo vertiginoso. Per i consumatori italiani e siciliani, le notizie negative non sono finite qui, perché ad aumentare saranno anche i costi, oltre che del grano, dei cereali, del mais e della soia, tra i prodotti più ricercati. E per chi non mangia carne, il pranzo e la cena rischiano di trasformarsi in un vero e proprio salasso.

Russa e Ucraina granai del mondo

Secondo le stime degli analisti economici, gli effetti negativi sul pane sono dovuti alla circostanza che Russia ed Ucraina sono praticamente i granai del mondo: il colosso russo, addirittura, è il primo esportatore, l’Ucraina si colloca al quarto posto. Nel complesso, i due paesi dell’Est controllano il 29% del mercato del grano, l’80% dell’olio di girasole ed il 20% del mais.

Italia, paese importatore

Secondo quanto riferisce l’AGI, l’Italia produce circa il 65% del grano necessario a coprire il fabbisogno dell’industria della trasformazione. “Quindi il restante 30-35% viene coperto dalle importazioni, che non rappresentano un’alternativa bensì una misura necessaria a colmare il divario tra domanda e offerta interna. A volte importiamo anche perché la qualità del grano estero è superiore a quella del prodotto italiano”.

La siccità in America

Gli Stati Uniti sono tra i principali esportatori di grano ma la produzione è fortemente minacciata dalla siccità nelle pianure meridionali, stesso problema, cioè la mancanza di piogge, rischia di penalizzare i raccolti di mais in Argentina e Brasile.

Aumenti già segnati dall’energia

I prezzi per le materie prime sono già saliti, dunque ben prima della guerra tra Russia ed Ucraina, a causa dell’impennata dei costi dell’energia. In questo senso, l’Italia paga la sua risicatissima autonomia energetica per via di scelte che, conti alla mano, hanno pagato poco. Negli anni scorsi, il Governo regionale, in quel periodo guidato da Raffaele Lombardo, lasciò a bagnomaria il progetto della Ionio Gas, che vedeva dentro l’americana Shell e l’italiana Erg, per la costruzione di un rigassificatore nella rada di Augusta. Dopo ben 7 anni di tira e molla burocratici, le aziende gettarono la spugna.

Foto tratta da ilmeteo.net

 

 

 

 

 

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