Tra canzoni di una colonna sonora di travolgente vivacità, spezzoni proiettati a marcia indietro o capovolti, attori che si rivolgono inopinatamente agli spettatori, improvvise sortite in un altro film e raffiche di gag , “Hellzapoppin”, è la pellicola in programma domani alle 18.30 per la rassegna cinematografica organizzata dalla Fondazione The Brass Group, Jazz On Movie & …Altro, che vanta la direzione di Mario Bellone con le presentazioni di Gigi Razete.
Un capolavoro che induce alla riflessione facendo, però, sbellicare dalle risa. Hellzapoppin rappresenta il cinema come un meccanismo spettacolare allegramente mandato in frantumi in modo da rendere riconoscibili i codici del passatoma così follemente frammentato da renderne impossibile la ricomposizione. A dirla lunga sull’impatto che l’opera di Potter ha avuto sull’immaginario collettivo basti considerare che il titolo del film (crasi onomatopeica delle parole “hell”, inferno, “zap”, distruzione, e “pop”, cioè popolare, come la cultura di massa) all’indomani della sua uscita sugli schermi è ben presto divenuto in tutto il mondo metafora per definire “una baraonda senza capo né coda” ovvero, come riporta il prestigioso dizionario della lingua italiana Devoto-Oli, “una scena movimentata e pittoresca”.
Ad esempio, è direttamente ad “Hellzapoppin” che, negli anni dai Sessanta agli Ottanta, si è ispirato il celebre gruppo comico inglese Monty Python e lo stesso fa il trasgressivo rocker Marilyn Manson che cita il film nel brano “The golden age of grotesque”, tratto dall’omonimo album del 2003. Ma anche nel nostro paese la comicità paradossale e non sense del film ha avuto un’influenza grandissima, come dimostrano le numerose iniziative che nel tempo vi hanno fatto dichiarato riferimento: negli anni Settanta l’epocale appuntamento radiofonico di Arbore e Boncompagni “Alto gradimento”, negli Ottanta il varietà “Hellzapoppin Radio Due” con cui debuttava il trio Solenghi, Lopez, Marchesini, poi la seguitissima rubrica musicale “Helzapoppin” di Giancarlo Santalmassi che andava in onda su Radio 24 negli anni a cavallo tra i Novanta e i Duemila e, ancora, il celebre fumetto di Tiziano Sclavi “Dylan Dog” che vi dedicò un’intera storia. Altrettanto numerose le citazioni sparse in vari libri, spesso di autori prestigiosi: Umberto Eco nel suo “Il pendolo di Foucault”, Leonardo Sciascia in “Una storia semplice”, Luciano De Crescenzo in “Ordine e disordine”.
Tratto dall’omonimo musical che debuttò a Broadway nel 1938 (e di cui erano sceneggiatori proprio Olsen e Johnson), il film ha trama abbastanza semplice (l’allestimento di una rivista musicale, ambientata all’Inferno, ben presto scompigliata dall’operatore di sala che, distratto dalla passione per la fidanzata, scambia confusamente le pellicole nella macchina da proiezione) ma si rivela un tripudio esilarante e irresistibile di situazioni surreali, illogiche e assurde che nella storia del cinema finiranno per fare scuola.
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