E’ il delitto evitato che ha fatto scattare l’operazione Persefone che ha portato in carcere 8 componenti della famiglia mafiosa di Bagheria.

“Lo portiamo in campagna e lo scanniamo come un vitello”, dicevano i boss di Bagheria. Fabio Tripoli, arrestato aveva osato mettere in discussione l’autorità di Massimiliano Ficano, arrestato nella notte con l’accusa di essere il nuovo capo della famiglia mafiosa. “Perché ora così deve andare, le bontà non pagano, chi sbaglia paga”, diceva Ficano.

Su ordine del boss, il 19 agosto scorso, in sei lo avrebbero selvaggiamente picchiato provocandogli un trauma cranico e delle ferite alla mano.

Alla spedizione punitiva avrebbe preso parte Bartolomeo Scaduto e Ivan Salerno, mentre a fare da palo sarebbero stati Giuseppe e Nicolò Cannata, Emanuel D’Apolito. Ma Tripoli nonostante il pestaggio aveva continuato a non calare la testa. Scaduto raccontava al padre di Tripoli che il figlio: “ieri ha fermato a uno, colpi di catena, mi deve aprire la testa, mi deve fare… mi viene a suonare era davanti alla porta, ascia, martello, bastone… vedi che io gli ho voluto sempre bene… lui mi è venuto a cercare”.

L’affronto doveva essere pagato. La sentenza era stata emessa: Tripoli doveva essere ucciso. Le parole di Scaduto, pronunciate pochi gironi fa, hanno accelerato il blitz. Bisognava intervenire subito. “Lo prendiamo, o lo lasciamo la, o lo prendiamo e lo buttiamo in un cassonetto di immondizia… ci dobbiamo organizzare questa volta bene… che dobbiamo fare le cose perfette”, diceva Scaduto

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