Il giorno dopo il 25° anniversario della strage di via D’Amelio segnato quest’anno dalle forti denunce sulla mancata verità e sui depistaggi realizzati in tutti questi dal quel 19 luglio del 1992, Rosy Bindi presidente della commissione Antimafia, oggi è ancora  Palermo e torna a parlare con parole ancora forti proprio su quella ricerca di verità chiesta a gran voce e troppo spesso insoddisfatta. Lo fa inaugurando il  murales realizzato sulla facciata esterna dell’Istituto Nautico che ritrae Falcone e Borsellino.

“Faremo la nostra parte alla ricerca della verità vera, non alla ricerca di qualunque verità. Perché la tentazione a cui non bisogna cedere è che non essendo riusciti in questi 25 anni ad affermare tutta la verità non ci possiamo permettere certe scorciatoie adesso” ha detto commentando l’audizione avvenuta ieri a Palermo della figlia minore del magistrato Fiammetta Borsellino. “Il depistaggio è un momento importante di questi 25 anni, una volta scoperto si è andati avanti se ci sono aspetti da chiarire ancora lo faremo – ha aggiunto la presidente Bindi – continueremo ad approfondire con elementi in nostro  con altri che acquisiremo, facendo audizioni e richiedendo documenti come commissione antimafia, senza sostituirci alla magistratura in sede giudiziaria”.

Ma la Bindi torna ancora sull’argomento Cosa Nostra e mette in guardia da facili illusioni: “Cosa nostra si sta riorganizzando
in città e provincia, le scarcerazioni di molti capi torna a rendere la situazione critica e preoccupante, ma si parte con la speranza vista sui volti dei ragazzi e l’impegno delle istituzioni”.

Alla cerimonia di inaugurazione del murales anche il procuratore generale Roberto Scarpinato che torna sulle responsabilità delle stragi e sui mandanti esterni: “Subito dopo le stragi ho sostenuto che dietro c’erano dei mandanti esterni e in tutte le occasioni pubbliche che ho avuto, ho elencato tutte le risultanze probatorie che inducono a ritenere che dietro ci fosse un piano preordinato di destabilizzazione politica”.  “C’è una difficoltà di carattere oggettivo – ha proseguito – perché le persone che conoscono questi fatti continuano ad aver paura di parlarne, e questo fa riflettere perché quando un segreto condiviso da tante persone continua a permanere, l’esperienza insegna che dietro c’è il sigillo del potere”. “Non voglio entrare nei dettagli, ma credo ci sia la consapevolezza che questa sia una storia aperta, non chiusa e sia uno degli elementi più oscuri della Prima Repubblica – conclude il magistrato – Del resto, la sua storia si apre con una strage, quella di Portella della Ginestra, i cui mandanti sono rimasti nell’ombra, e si chiude con quella di via D’Amelio, dove ancora mancano pezzi importanti di verità, forse per le stesse ragioni per cui non sono state portate alla luce le ragioni della strage di Portella”.

Toccato da quanto denunciato da Fiammetta Borsellino anche il presidente dell’Anm Eugenio Albamonte “La magistratura dovrebbe chiedere scusa alla famiglia Borsellino, mi hanno colpito molto le parole di Fiammetta sulla mancata presenza fisica e affettiva dai colleghi del padre e dalla magistratura, questa per me è una cosa dolorosa da presidente Anm, è ovvio ci sia concentrati molto sulla memoria giudiziaria, civile, evidentemente abbiamo trascurato di pensare a chi era portatore di una dimensione umana di questi nostri due colleghi”.

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