Le parole di Giuseppe Bellusci a fine partita hanno fatto male: ai tifosi presenti e non allo stadio, all’allenatore, al direttore Foschi (che insieme a Stellone cerca di tenere in piedi la situazione), a noi giornalisti ma soprattutto a lui, a Bellusci. Per un giocatore professionista deve essere davvero dura dover andare davanti le telecamere e avere il coraggio di sfogarsi così, senza sè e senza ma.

Lui come i suoi compagni non ha ancora percepito gli stipendi di dicembre e gennaio eppure ieri la lotta non è mancata. Ricapitoliamo: al termine del match pareggiato 0 – 0 con il Foggia, ma all’onor del vero ben giocato, i rosanero sono stati sommersi dai fischi del pubblico. Ragion per cui Bellusci ha inveito contro gli spettatori insoddisfatti, anche con brutte parole, prima di andare ad applaudire la curva.

Successivamente il giocatore si è presentato ai microfoni dei giornalisti e quasi in lacrime ha spiegato: “Siamo soli, non sappiamo in mano a chi stiamo. Come si fa a fischiare la squadra dopo oggi? Abbiamo corso come i pazzi e lottato su ogni pallone. Gli stipendi? A me non interessa la scadenza del 15 febbraio, non mi importa se lo stipendio arriva il 15 febbraio, vogliamo sapere che prospettiva abbiamo. Se il problema sono io me ne vado a casa, ma lo faccio a testa alta… chiedo scusa per il modo in cui ho reagito ma non per il pensiero”.

E gli inglesi? E’ notizia di questa mattina che il signor Clive Richardson e John Treacy stanno facendo le valigie. Si dimetteranno, in contrasto con il lavoro di Emanuele Facile. Al Giornale di Sicilia Richardson ci ha tenuto a ribadire che mai lui o il suo team erano stati incaricati di recuperare fondi, ma semplicemente era una funzione di due diligence per acquistare il Palermo. Un ausilio a Coen e Facile che disponevano, secondo la loro opinione, di una cordata di investitori con 30 milioni di euro pronti pe le prime spese di gestione della società rosanero.

Com’è evidente, così non è andata. I plurichiaccherati inglesi dunque dopo neanche tre mesi sono pronti a tornare nella terra di sua maestà la regina e qua nessuno ne sentirà probabilmente la mancanza.