“E’ nostro dovere chiedere per Paolo Borsellino e per le tante persone che hanno servito la comunità e lo Stato un processo di beatificazione”. Lo ha proposto don Cosimo Scordato che nella chiesa di San Saverio ha celebrato la messa per il magistrato ucciso nel 1992 nella strage di via D’Amelio.
L’auspicio di don Scordato, che ha celebrato la funzione religiosa assieme a don Luigi Ciotti, si richiama alla stessa procedura canonica che ha portato alla beatificazione di Rosario Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla mafia nel 1990. Citando Gesù, il sacerdote ha detto: “Beati i perseguitati a causa della giustizia”. E ha richiamato i valori della testimonianza e del “martirio” di Borsellino: purezza, trasparenza, mitezza.
“Sono – ha aggiunto – beatitudini che hanno a che fare con la vita di ogni giorno. Dobbiamo quindi superare i modelli ecclesiastici di santità e sentirci tutti debitori per una testimonianza di resistenza diventata un atto supremo di libertà. Tutti dobbiamo anche contribuire a portare a verità le vicende di cui uomini come Borsellino sono stati protagonisti”. In prima fila, nella chiesa affollata da magistrati e uomini delle forze dell’ordine tra cui il capo della polizia Franco Gabrielli, c’erano due dei figli di Borsellino, Fiammetta e Manfredi. In questa chiesa barocca del Seicento, il magistrato partecipava sempre alla celebrazione domenicale. “Di lui – ha detto don Cosimo Scordato – ho il ricordo di una persona che si dedicava amorevolmente alla famiglia”.
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