L’immagine del randagismo nel volto sofferente di un cane. Piera, così l’avevano chiamata i volontari, venne trovata su di un cumulo di immondizia non molto distante da Palermo.

Un cane come tanti, purtroppo, che finisce una vita di probabili stenti nel peggiore dei modi. Nonostante le cure Piera è morta. Le sue condizioni erano apparse molto gravi ma quanto successo, asseriscono i volontari, riflette ancora una volta il dramma del randagismo in Sicilia. Cani non microchippati e che spesso nessuno controlla. Liberi di non esistere, anche se un padrone, o presunto tale, lo hanno avuto.

La Sicilia è stata una delle ultime Regioni italiane a recepire la legge quadro nazionale sul randagismo, risalente al 1991. Il legislatore siciliano, ossia l’Assemblea di Palazzo dei Normanni, trovò tempo solo nel luglio del 2000, quando altre Regioni stavano già lavorando ad una seconda disposizione con l’intento di affinare gli interventi sulla base degli interventi maturati. Una legge, quella siciliana, che rimase priva di Regolamento esecutivo fino al 2007 quando furono finalmente individuati gli schemi di convenzione dei Comuni per la custodia degli animali, i requisiti per la costruzione dei rifugi pubblici e privati, ed infine il protocollo di intervento per la sterilizzazione dei cani randagi e delle colonie feline.

Dunque si è arrivati ai nostri giorni, ed i ritardi presentano il conto.

Nel frattempo tanti cani come Piera sono nati e morti senza assistenza.

Piera – riferisce Salvatore Barone, volontario Palermitano – è morta anziana e malata, ma soprattutto di stanchezza”.

Secondo i volontari Piera sarebbe stata sfruttata per mettere al mondo cuccioli, fin quando non è servita più. Quindi è stata gettata nella spazzatura. Ai primi esami clinici era risultata positiva alla leishmania ed all’erlichia. Dunque, avrà pensato il suo ignoto detentore, perchè tenerla ancora?

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