Il fatto non sussiste. Con questa motivazione è stato assolto l’ex sindaco del comune di Monreale, Filippo Di Matteo, dall’accusa di omissione di atti d’ufficio. L’ex sindaco eletto nel centrodestra era finito al centro di un’indagine relativa all’installazione di un impianto di videosorveglianza per il controllo del territorio nel comune di Monreale. L’impianto venne acceso solo nel giorno della consegna dalla ditta incaricata ma non venne mai collaudato né entrò in funzione.

L’inchiesta aveva anche coinvolto anche il suo successore, Piero Capizzi anche lui assolto in abbreviato dal GIP del Tribunale di Palermo. Di Matteo aveva invece aveva optato per il rito ordinario.

L’inchiesta scaturì da una denuncia presentata ai Carabinieri di Monreale. L’impianto, appaltato nel 2007 per 145mila euro era costituito da 15 telecamere brandeggianti e 2 fisse, posizionate nel centro storico di Monreale, e da 2 puntate sulla fontana del Drago. La regia era stata istituita presso il comando di Polizia Municipale di Monreale. A gennaio 2008 era avvenuto il collaudo e la consegna dei lavori. Ma l’impianto non entrò mai in funzione dopo che vennero riscontrati dei difetti legati al collegamento wireless e alla mancata visibilità tra alcuni ponti radio. A questo punto era scattata l’inchiesta condotta dai Carabinieri di Monreale, su presunte irregolarità poste in essere circa la gara d’appalto e relative all’installazione dell’impianto.

L’incarico era stato assegnato prima dell’insediamento dei due sindaci coinvolti nell’inchiesta, Capizzi e Di Matteo quando a Monreale era sindaco Salvatore Gullo. In realtà dalle indagini non emersero alcuna irregolarità, tanto che venne presentata richiesta di archiviazione.

Successivamente gli inquirenti, anche alla luce di una seconda denuncia proveniente da organi di polizia della città di Monreale, supposero che potesse configurarsi un altro reato, l’omissione di atti di ufficio. In pratica ai due amministratori del comune veniva contestato di non essersi attivati per rendere funzionante l’impianto installato. Da qui l’omissione di atti d’ufficio. L’ipotesi di reato coinvolse i sindaci Filippo Di Matteo prima e Piero Capizzi dopo, mentre nei confronti di Gullo era maturata la prescrizione.

Nella loro tesi difensiva, i legali di Di Matteo, Rosaria Messina e Angelo Brancato, hanno sempre sostenuto come il loro cliente avesse svolto con la massima sollecitudine tutti gli atti di propria competenza, in particolar modo richiedendo alla Giunta Comunale lo stanziamento delle somme necessarie per la manutenzione del sistema di videosorveglianza e inoltrando richieste di riunioni per deliberare sul punto. L’ex sindaco Di Matteo quindi non si sarebbe rifiutato di adottare gli atti necessari a rimettere in funzione l’impianto, ma, al contrario, attivò le opportune procedure necessarie all’attivazione e manutenzione del sistema di video sorveglianza, nei limiti delle sue funzioni programmatiche. La materiale esecuzione sarebbe stata invece di competenza dell’organo amministrativo. In pratica, spiegano i legali, eventuali responsabilità sarebbero state in capo ai dirigenti amministrativi, e non all’organo politico.

Anche il Pubblico Ministero, alla luce del dibattimento, ha chiesto al Tribunale l’assoluzione nei confronti di Di Matteo. Entro 90 giorni il Tribunale di Palermo (III Sezione collegiale presieduta dal dott. La Cascia) pubblicherà le motivazioni della sentenza.