La cucina quale finestra per guardare alla civiltà medioevale da una prospettiva inedita. “Il cibo nella cucina medioevale”, ultimo libro di Henri Bresc, noto medioevalista, è stato presentato in anteprima a Palermo rispetto a Parigi, nei giardini reali di Palazzo dei Normanni, alla presenza dello stesso autore, dai docenti universitari Giovanni Travagliato, Ninni Giuffrida, moderatore il giornalista Davide Camarrone. L’evento, organizzato dalla Fondazione Federico II, che ha anche editato il volume, è stato introdotto dal direttore Patrizia Monterosso, visibilmente orgogliosa di avere organizzato un evento molto originale; alla presentazione del libro, infatti, è seguita la degustazione di un banchetto medioevale ispirato alle teorie e alle ricerche di Bresc.

“L’aspetto che più mi ha colpito – ha spiegato Monterosso – è che in un periodo, di solito giudicato oscuro, come il Medioevo, nella società siciliana vigeva una sorta di coesione sociale per cui i resti del cibo non venivano buttati, ma dati ai poveri che erano da sostentare non tanto come atto caritatevole, ma di dignità sociale. Fra le mura di questo palazzo approfondiamo aspetti che hanno lasciato un importante retaggio nella nostra cultura, lo facciamo suffragati dall’“autorità” di insigni studiosi”.

Il dibattito, inoltre, sembrerebbe essere riuscito a dirimere l’annosa questione sul genere dell’arancina che “è fimmina”; come la Sicilia del resto, ha aggiunto il direttore della Fondazione, impegnata a promuovere e valorizzare l’anima femminile della cultura siciliana, prostrata, ma non sconfitta, dal prevaricante elemento maschilista che ha predominato a lungo.

“In un volume inglese – ha spiegato Bresc – troviamo le ricette delle arancine che sono chiamate “pomme d’orange”, cucinate con la carne di maiale. Il volume riporta le esperienze di un cuoco normanno che ha lavorato alla corte di Guglielmo II, musulmano”. Nel più sentito derby siciliano della grammatica sembra avere vinto, dunque, Palermo.

Un altro aspetto che emerge dagli studi di Bresc è che, almeno sul pane e sul vino, alcune rigidità religiose si attenuavano, a beneficio di una commistione fra ebrei, musulmani e cristiani. Burro schiumato, zucchero grezzo, quasi onnipresente, salatura per carne e pesce, agrodolce, cereali, frutta e verdura, fra gli elementi che dominavano la cucina siciliana medioevale. L’insieme delle ricette si è cristallizzato intorno al 1200, durante la dominazione di Federico II.

Un giovane chef palermitano, Francesco Piparo, dopo avere studiato il libro di Bresc, è riuscito a realizzare un perfetto banchetto medioevale, nell’atmosfera incantata dei giardini reali. Sintesi delle numerose leccornie d’altri tempi è stato il gelato al sesamo e miele con zucchero grezzo e riduzione di albicocca, accompagnato da brioche impastate con il pistacchio. Il gelato non è un dolce medioevale, ma il sesamo con il caramello erano alla base di molti dolci dell’epoca.

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