Sgominata la banda spaccavetrine di Palermo dopo serrate indagini da parte delle forze dell’ordine. Nove gli arresti eseguiti stamane.

A raccontare i retroscena dell’operazione Gold Night è il capo della Squadra Mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti.

“E’ stata un’attività intensa – dice – che è durata pochi mesi ma che ha determinato un notevole dispendio di energie da parte del personale che si è dedicato con grande solerzia all’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo e anche dalla Procura della Repubblica dei Minori”.

Ad operare, le due sezioni investigative che si occupano dei reati predatori, l’antirapina e i Falchi della Polizia.

“Era un vero e proprio gruppo criminale – specifica ancora Ruperti – strutturato in associazione a delinquere che aveva, come obiettivo da perseguire quasi ogni giorno, la commissione di reati contro il patrimonio, in particolare furti e rapine”.

I furti venivano messi a segno dalla banda soprattutto la notte: ad essere presi di mira, in particolar modo, gioiellerie ma anche altri esercizi commerciali, come negozi di telefonini “che in qualche modo potessero permettere a questi soggetti – dichiara ancora il capo della squadra mobile – di arraffare il più possibile”.

Le indagini hanno permesso di ricostruire una ventina di furti nell’arco di pochi mesi.

Una banda assolutamente determinata e strutturata che agiva secondo prassi e modalità che derivavano da una complessa organizzazione.

Come racconta ancora Ruperti, “la mattina c’erano delle persone che entravano nelle gioiellerie e facevano i sopralluoghi; uno di loro era soprannominato il fabbro perché era esperto nel far saltare le serrature”.

Della banda facevano parte anche dei soggetti con il ruolo di ‘pali’ che utilizzavano addirittura il metodo della conferenza telefonica per avvisare gli altri componenti del gruppo criminale di una eventuale presenza delle forze dell’ordine.

La banda spaccavetrine all’inizio operava nelle zone vicine alla residenza dei membri del gruppo, soggetti prevalentemente dei quartieri Capo e Danisinni, per poi spaziare su tutto il territorio palermitano, con furti anche sino a via Marchese di Roccaforte.

Una banda di giovani che vedeva anche il coinvolgimento di tre minori e che operava in stretto raccordo tra tutti i membri.

Fondamentali per le indagini sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza e il coinvolgimento della scientifica sui luoghi dei furti. I componenti della banda operavano con il volto travisato ma questo non è bastato per evitare loro la cattura.

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