Totò Riina lo diceva sempre la Noce “era nel suo cuore”. Un quartiere dove la tradizione mafiosa si ripete anche nei gesti e nelle investiture. Settimo Mineo andava a trovare spesso Alfano nella concessionaria di famiglia, in piazza Principe di Camporeale. Già questo un segno di rispetto.
Poi il 7 maggio del 2018 il nuovo capo che voleva ricostituire la Cupola, baciò in bocca in piazza Principe Camporeale Salvatore Alfano. Era il segno che adesso era lui a tenere le fila del mandamento. E a lui tutti si rivolgevano, per le estorsioni, per fare passare i cavi della fibra ottica, per conseguire la patente per trovare un lavoro.
Al capo mafia si continua a chiedere tutto. E gli agenti di polizia piazzarono davanti al negozio di moto di Alfano le telecamere per immortalare incontri e summit.
E’ quanto emerge dall’operazione antimafia “Padronanza” degli agenti della squadra mobile di Palermo che hanno arrestato 11 persone. La riorganizzazione della cupola mafiosa fu bloccata nel dicembre di due anni fa dalla procura di Palermo.
Oggi l’inchiesta della squadra mobile fa luce sul mandamento della Noce, dove la famiglia puntava a un rigido controllo del territorio, con estorsioni a tappeto e persino con la gestione delle giostre, nel controllo dei parcheggiatori abusivi e dei venditori ambulanti.
Negli ultimi tempi i boss si erano lanciati anche nel settore delle intermediazioni immobiliari. “Con queste operazioni diamo prova della nostra vicinanza ai commercianti e agli imprenditori. Per questo faccio un appello: in questa fase di ripresa, dopo un lungo lockdown, pagare il pizzo significa vanificare tutto il lavoro fatto – ha detto il questore Renato Cortese – Sappiamo che i mafiosi si stanno presentando per richiedere il pizzo, invito tutti a ribellarsi. Tornare a pagare farebbe perdere tutto il terreno conquistato in questi anni”. Non ci sono più motivi per non ribellarsi. “Cosa nostra cerca anche una forma di consenso sociale: Il lockdown ha colpito tutti, mafiosi inclusi. Anche loro hanno dovuto subire le limitazioni imposte dall’emergenza coronavirus.
E’ altrettanto chiaro che con la ripresa e il riavvio delle attività che cosa nostra tenta di gestire sul territorio, questo è il momento più importante e noi ci faremo trovare pronti e presenti”. Ha detto il capo della squadra mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti. Le attività di indagine sul “paese” (così viene definito il quartiere di Cruillas) ha fatto emergere anche un certo assoggettamento ai mafiosi del posto.
“E’ necessario che la parte sana del tessuto cittadino – ha detto Gianfranco Minissale, dirigente della sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile – cambi approccio su queste vicende. Viene fuori infatti che, ancora oggi, nel 2020 – ha proseguito – c’è ancora chi si rivolge spontaneamente allo ‘zio Gino’ (Biagio Piraino, uno degli arrestati ndr) per ottenere una patente di guida per il figlio o un posto di lavoro. E’ uno spaccato di coltura pseudo mafiosa difficile da aggredire nonostante gli ingenti sforzi profusi in questi anni dall’autorità giudiziaria e dalle forze di polizia”.
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