Trenta minuti di pioggia intensa hanno messo in ginocchio mezza provincia di Palermo. No, non è normale. Al di là della portata delle precipitazioni, quel che non funziona è il sistema di deflusso delle acque piovane. Sarebbe interessante sapere quanti soldi sono stati spesi in manutenzioni e in sicurezza. E magari fare uno studio accurato di quel che serve.

Cosa ha a che fare quel che è successo ieri con il tema che avevo promesso di trattare oggi? Ci siamo dati appuntamento su queste colonne digitali per riflettere sulle parole del regista Franco Maresco. Ha definito la lotta alla mafia come un grande contenitore di retorica, accusando i siciliani di essere ormai apatici rispetto al fenomeno.

Sono convinto che gli allagamenti di ieri sono un piccolo tassello di questo stato d’abbandono. Falcone e Borsellino ci hanno spiegato – con le loro parole ed ancor di più con i loro atti – che la mafia attecchisce con vigore laddove lo Stato è assente. Non curare l’ambiente, non occuparsi delle manutenzioni, significa anche creare le premesse affinché, in una situazione emergenziale, qualche coppola storta, magari in colletto bianco, possa presentarsi come il risolutore definitivo.

La nostra storia recente e meno recente lo dimostra. E’ triste ammetterlo, dunque, ma la visione cinica di Maresco è una corretta analisi di quel che succede oggi. Non basta fare gli spot con la Redbull per essere ottimi amministratori. Bisogna partire dal basso e occuparsi dei problemi reali. Per non creare spazi oscuri dove possa prosperare il volto e il corpaccione famelico delle Piovre.

Avrei potuto analizzare Maresco ricordando scandali e scandaletti che hanno demolito l’immagine dell’antimafia in Sicilia. Avrei potuto persino ricordare il monito di Leonardo Sciascia. Ma non è necessario. Per comprendere la nostra sconfitta basta affacciarsi alla finestra e guardare le nostre città affogare tra cumuli di spazzatura galleggiante e fango.