L’economia siciliana cresce ma più lentamente del previsto. È quanto emerge dal rapporto n.2/2016 CongiunturaRes, l’osservatorio congiunturale della Fondazione RES presentato oggi a Villa Zito a Palermo. Quindi, seppur a rilento, il Pil cresce (dello 0,9% nel 2015 e dell’1,2% nel 2016), la disoccupazione cala (dal 21,4% dell’anno scorso è stimata al 20,9% quest’anno) e in marzo si registrano 33 mila nuovi posti di lavoro rispetto all’anno precedente.

Gli investimenti sono previsti in crescita del 2,3% nel 2016 e del 2,5% nel 2017, tuttavia occorre tenere conto che l’incidenza complessiva degli investimenti sul Pil è particolarmente bassa in Sicilia (14%) rispetto al Centro-Nord (17,5%). Ciò vale sia per gli investimenti privati che per gli investimenti pubblici. Un sostegno maggiore alla crescita del reddito è venuto dai consumi delle famiglie (+1% nel 2015 e +1,1% nel 2016). La stazionarietà dei prezzi al dettaglio favorisce la tenuta del potere d’acquisto e dopo i sofferti rallentamenti degli anni 2008-2014 migliora la domanda per soddisfare i bisogni primari (generi alimentari e bevande +1,3%, vestiario e calzature +1,5% nel 2016) a fronte di spese più stabili per abitazione e utenze, mobilio e arredamento, spese sanitarie, comunicazione, ricreazione e cultura. Aumenta la spesa per i trasporti (+3,7%).

Stabili le esportazioni non-oil. In crescita le vendite all’estero di prodotti agricoli (+3,9%) e soprattutto degli agroalimentari (+12,5%). Bene anche i prodotti del tessile e dell’abbigliamento (ancora in crescita con un +32%), la gomma e le materie plastiche (+7,8 e +16,4%).

Si conferma dunque anche in Sicilia l’inversione di tendenza dopo la crisi. Tuttavia, l’incremento del reddito previsto per il 2016 e gli anni successivi, nonché la dinamica degli investimenti, appaiono insufficienti per far scendere significativamente il tasso di disoccupazione o anche soltanto per tornare in tempi non troppo lunghi ai livelli di reddito precedenti la crisi del 2008. Infatti, si può stimare che con questa dinamica del reddito occorrerebbero circa 3 anni per ridurre di un solo punto il tasso di disoccupazione e sarebbero necessari circa sei anni per tornare al reddito procapite del 2008.

Per comprendere i sentieri di adattamento dell’economia siciliana occorre però guardare anche alla sua faccia più nascosta: quella dell’economia sommersa. Diversi indicatori elaborati dalla Fondazione RES mostrano come questo fenomeno sia consistente e in crescita nella regione. Lo scarto fra i consumi privati e il reddito fiscalmente dichiarato è il più elevato in Sicilia (140%) fra tutte le regioni (con la sola eccezione della Calabria, 145%). Inoltre, i dati sugli occupati rilevati dall’Istat (+33 mila) risultano significativamente più alti rispetto a quelli Inps che misurano il lavoro ufficialmente registrato (-17,8 mila). Anche in questo caso i valori della Sicilia sono significativamente più elevati della media nazionale. In Sicilia, infine, si fa un grande uso di voucher, buoni di lavoro per pagare il lavoro occasionale accessorio, che in realtà si sono rivelati anche un veicolo di diffusione di forme di lavoro irregolare: nel primo quadrimestre 2016 ne sono stati venduti 1,096 milioni in Sicilia, con un aumento del 69,6%, contro il +43,1% della media nazionale. Infine, a dinamiche positive di investimenti e fatturato si associano spesso volumi di valore aggiunto più modesti rispetto a quanto avviene a livello nazionale. Si tratta di un sintomo di maggiore debolezza del tessuto produttivo regionale, che può sommarsi alla ricerca di produttività e redditività più facilmente perseguibili per vie informali.

Focus: Edilizia e mercato immobiliare
L’approfondimento di questo numero del rapporto CongiunturaRes è dedicato alla “Dinamica del settore delle costruzioni e del mercato immobiliare”.

Come è noto, l’edilizia rappresenta tradizionalmente un settore importante per l’economia siciliana. La filiera immobiliare costituisce un rilevante settore economico e risulta fortemente interconnessa con il settore creditizio poiché una quota rilevante di investimenti in immobili è finanziata con debito. Il settore delle costruzioni è caratterizzato da un’elevata capacità di attivare produzione nei settori a monte e a valle grazie a forti interdipendenze produttive, e in Sicilia l’incidenza della filiera immobiliare risulta superiore alla media nazionale e pari, nel periodo 2008-2014, a circa il 23% del valore aggiunto a prezzi correnti.

Al rilievo dell’edilizia si accompagnano però altri dati meno positivi. Anzitutto, il settore delle costruzioni è caratterizzato da una forte componente informale. Secondo gli ultimi dati Istat, il valore aggiunto generato dall’economia sommersa per il settore delle costruzioni ammontava nel 2013 (ultimo anno disponibile) a circa il 23,4% (con un incremento dell’1,3% rispetto al 2012). In secondo luogo, il settore edilizio fa registrare una forte evasione del reddito prodotto.

Un settore dunque con luci e ombre, che è stato anch’esso nel periodo 2008-2013 investito dalla crisi. Nel periodo 2008-2013 le statistiche hanno registrato un forte calo nel fatturato delle maggiori imprese (-22,5% a fronte di una media nazionale del 36%), mentre la flessione degli occupati è stata del 38,2% (-27,7% a livello nazionale). Tuttavia nonostante questo calo in Sicilia si è continuato a costruire di più che a livello nazionale (fabbricati residenziali nuovi -10%, contro il -22% nazionale). È da considerare che questa tendenza si manifesta in una regione che è la seconda in Italia in termini di numero di edifici (1,72 milioni, corrispondenti al 12% del totale nazionale, ma a fronte di una popolazione che conta per l’8%). È evidente che vi è stato, dunque, un consumo del territorio rilevante, che peraltro continua ancora oggi anche se a livelli più bassi.

La ripresa del settore – data la sua rilevanza nella struttura produttiva e occupazionale – andrebbe dunque diversamente orientata. Si tenga presente, in particolare, che la Sicilia presenta forti criticità, rappresentate dall’elevata diffusione di edifici in pessimo stato (3%, a fronte di una media nazionale dell’1,7%), in uno stato di conservazione mediocre (23,1%, media nazionale 15,2%) e inutilizzati (7,6%, contro una media nazionale del 5,2%). A questo si può aggiungere l’elevata criticità degli edifici scolastici, che richiederebbero interventi urgenti di manutenzione e di ristrutturazione. “Pertanto – si legge nel rapporto congiunturale della Fondazione RES – più che puntare su un ampliamento dell’offerta, appare opportuno mirare ad interventi di riqualificazione e recupero del patrimonio edilizio esistente, anche in una più ampia ottica di sviluppo sostenibile”.