Tra il 2019 e il 2022 il Pil della Sicilia crescerà mediamente del 2,2 per cento. Lo prevede il Defr, il documento di economia e finanza regionale, approvato dalla giunta di Nello Musumeci, su proposta dell’assessore all’economia e vice presidente Gaetano Armao.
La crescita viene collegata dal Defr all’accelerazione della spesa dei fondi europei ed extraregionali e all’impatto delle misure espansive del governo nazionale (“Decreto crescita”, “Decreto salvacantieri”).
Il Documento di programmazione della Regione definisce gli obiettivi della manovra di bilancio regionale e rappresenta lo strumento per la programmazione economica del prossimo triennio, partendo dai risultati già ottenuti e dalle riforme approvate, destinate secondo la giunta a creare sviluppo e innovazione. Il governo Musumeci, sottolinea Armao, ha rispettato per il secondo anno i tempi per l’approvazione dei documenti finanziari (per il Defr il termine è il 30 giugno), come poche volte è accaduto nelle precedenti legislature.
Il Defr, pur partendo dal “difficile andamento dell’economia internazionale e nazionale che ha inciso sulle prospettive dell’economia regionale”, sottolinea che “la Sicilia, dopo aver attraversato la più acuta crisi economica della sua storia recente, riprende un percorso di crescita”.
In base ai dati dell’ufficio statistica della Regione, il Pil nominale della Sicilia (andamento reale più inflazione) crescerà dell’1,8% nel 2019 e di una misura media del 2,2 per cento nel successivo triennio.
Pur in una congiuntura sfavorevole, infatti, evidenziata dal recente rapporto di Bankitalia, “la nostra Regione – si legge nell’introduzione al Defr – può fare affidamento su alcuni punti di forza: il consolidamento delle esportazioni nel settore non-oil, la ripresa degli investimenti di imprese e famiglie, la concessione dei mutui nel settore immobiliare, la spinta delle gare pubbliche e soprattutto della progettazione. Tutti fattori che lasciano intravedere un percorso di contrasto alla crisi che, tuttavia, per consentire di recuperare la perdita di PIL degli ultimi dieci anni, impone uno sforzo straordinario dello Stato per far fronte alla stagnazione dell’occupazione, alla drammatica emigrazione giovanile, allo spopolamento”.
Secondo gli ultimi dati dello Svimez, dal 2002 al 2017, il Mezzogiorno ha perduto più di 600 mila giovani e la Sicilia non meno di 200 mila. Una “devastazione del capitale umano” che si può fermare realizzando significativi interventi infrastrutturali, favorendo lo sviluppo delle imprese, attraendo investimenti e stimolando la nascita di startup. In questo contesto, assume particolare importanza la riforma sulla semplificazione amministrativa che mira ad agevolare l’iniziativa privata e gli investimenti.
Sul piano finanziario, durante il 2018 e nei primi mesi di quest’anno, il Governo non ha acceso nuovi mutui, circostanza che ha consentito la riduzione del debito pubblico regionale che è sceso sotto i 5 miliardi, ai livelli dell’anno 2010. Dai dati pubblicati nel Bollettino sul fabbisogno finanziario, aggiornato al 31 marzo, è emerso, infatti, che l’indebitamento complessivo (debito+anticipazione) si riduce, rispetto allo scorso anno, di 500 milioni. Ed é anche questo un elemento che ha condotto al miglioramento delle valutazioni dalle agenzie di rating, nonostante le tendenze negative nazionali.
In questo contesto, il Governo Musumeci ha siglato un nuovo Accordo in materia di finanza pubblica tra Stato e Regione che interviene, in primo luogo, sull’eccessiva onerosità, per quest’ultima, del contributo al risanamento della finanza pubblica (passato dai circa 600 milioni di euro del 2012 ad oltre 1,3 miliardi di euro nel 2018). Il contributo si stabilizza ad 1 miliardo con una riduzione di oltre 300 milioni di euro per anno (determinando nel triennio un risparmio di oltre 900 milioni di euro).
Un accordo integrativo è stato poi concluso il 15 maggio scorso, che ha consentito di utilizzare risorse finanziarie sino a 150 milioni di euro per far fronte al grave fabbisogno finanziario delle ex-province siciliane, nonché all’introduzione di rilevanti deroghe normative in materia di bilanci al fine di scongiurarne il dissesto ormai imminente.
Infine, il negoziato in corso con lo Stato ha condotto alla determinazione delle “Norme di attuazione dello Statuto in materia di armonizzazione contabile”, già approvate dalla Commissione paritetica il 12 giugno che, tra l’altro, concedono un maggior periodo alla Regione per ripianare il disavanzo del rendiconto 2017.
Gli accordi finora conclusi, tra minori uscite ed entrate dirette, hanno un valore che supera i 2 miliardi di euro.
Il Defr definisce, inoltre, gli obiettivi del governo nei vari settori dell’amministrazione: produttivo, Infrastrutture, energetico, sanitario, dell’istruzione, turismo, agricoltura e pesca.
Il Governo, infine, intende applicare anche alla programmazione regionale i dati BES (Benessere Equo e Sostenibile) in Sicilia. Si tratta di indicatori sullo stato della società siciliana con l’obiettivo di valutare il progresso non soltanto dal punto di vista economico ma anche sociale e ambientale.
Intanto esplode la polemica sul così detta caso server ovvero il censimento del patrimonio immobiliare costato 90 milioni alla Regione ma inutilizzabile perchè la società che lo ha realizzato non ha consegnato la password di accesso.
“Novantuno milioni di euro gettati dalla finestra per un censimento inutilizzabile non sono bruscolini. La questione non può passare sotto silenzio, si deve andare a fondo, lo dobbiamo alla nostra coscienza e soprattutto ai siciliani” avevano detto ieri sera i deputati del M5S all’Ars sull’ennesimo scandalo abbattutosi sulla Regione, pretendendo chiarezza da parte delle istituzioni.
“Anche su questa vicenda – afferma il deputato Nuccio Di Paola, che martedì ha sollevato il caso in aula – Musumeci brilla per il suo inqualificabile silenzio. Cosa che è inaccettabile, visto che si parla di una montagna di soldi pubblici spesi per un censimento inutilizzabile a causa dalla mancanza della password di un server. Su questo ennesimo scandalo che rischia di costarci 140 milioni, se si considerano anche eventuali contenziosi, venga a riferire in aula, magari sull’inchiesta interna che avrà sicuramente avviato perché è impensabile che su uno scandalo del genere non abbia mosso un dito”.
Oltre che da Musumeci i deputati chiedono chiarezza anche all’assessore al Bilancio Armao, che nel collegato ha inserito la previsione di un nuovo censimento “sperando, magari – afferma il deputato Antonio De Luca – che la vecchia vicenda scivoli al più presto nel dimenticatoio”.
“Ho chiesto al presidente della commissione Antimafia, Fava – dice De Luca – di convocare Armao in audizione, mi pare il minimo sentirlo. Chiederò a Miccichè che anche questa audizione, come quelle sul caso Arata sia trasmessa in diretta streaming. Sono certo che non farà alcuna obiezione”.
“Il governo regionale ha avviato accertamenti e verifiche e ha comunicato i ritardi della precedente gestione alla Procura della Corte dei Conti” risponde Armao.
“Le questioni risalgono a più di 5 anni fa e sono ben note ai parlamentari che oggi le declamano scandalisticamente – ha aggiunto Armao -. Come ho precisato al Parlamento, è mia responsabilità risolvere questa vicenda. Ben vengano le audizioni, perché si avrà modo di illustrare le misure che abbiamo realizzato a tutela del patrimonio pubblico”, ha concluso.
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