Quella di Maria Fuxa, poetessa del Palermitano del secolo scorso, fu una vita lunga quanto infelice: dei suoi quasi novant’anni, una cinquantina li passò internata al manicomio.

E’ merito di Maria Teresa Lentini e del suo saggio “La voce della crisalide”, edito da Mohicani, l’avere sottratto all’oblio Maria Fuxa, che più che per la qualità estetica dei suoi versi merita di essere ricordata per il travaglio della sua esistenza.

Il travaglio dell’esistenza di una donna che visse per lunghi decenni dentro il più triste e tetro ospedale, quello dei matti, senza che la permanenza in quel luogo per così tanto tempo trovasse sufficiente giustificazione nella malattia mentale.

D’altra parte, l’internamento di Maria Fuxa ha significativi precedenti in altre donne, anche non italiane, costrette come lei a rimanere recluse nelle “prigioni della follia” sebbene sostanzialmente sane. Ma con una colpa da scontare: l’avere disatteso le comuni regole sociali, come accadde, per buona parte della sua vita, alla talentuosa artista francese Camille Claudel, allieva e amante di Rodin.

Nel suo saggio Maria Teresa Lentini ripercorre la vita di Maria Fuxa, che ha inizio ad Alia il 12 dicembre 1913 e si conclude a Palermo il 23 luglio 2004, soffermandosi sui suoi vari momenti: l’infanzia innanzitutto, poi l’adolescenza, la prima giovinezza, per giungere alla maturità e alla vecchiaia segnate dalle tenebre del manicomio.

Nell’esistenza di Maria Fuxa, come mette in rilievo l’autrice del libro, assunse un’importanza particolare il rapporto con la sorella gemella Nicoletta, del cui confronto soffrì sin da piccola, e con i genitori, che la educarono con eccessiva rigidità. All’origine del primo manifestarsi di una condizione depressiva fu proprio la sorella, che le rubò il fidanzato quando entrambe si erano appena diplomate all’istituto magistrale, gettandola nello sconforto più cupo tanto da indurla a un tentativo di suicidio.

Quel lungo volo dal quarto piano della propria abitazione non provocò in Maria Fuxa deformazioni fisiche, ma le causò il primo internamento al manicomio di Palermo. Da cui uscirà per essere affidata, paradossalmente, alla sorella, nel frattempo trasferitasi a Milano e sposatasi col suo primo e unico amore.

A Milano Maria Fuxa tentò la carriera di insegnante ma poi, tornata a Palermo, con la morte di entrambi i genitori, le sue sofferenze si acuirono e negli anni ’50 inizierà il suo calvario nel manicomio intitolato a quel Pietro Pisani che un secolo prima aveva fatto sorgere la Real Casa dei Matti adottando metodi avveniristici e pieni di umanità nella cura dei malati di mente.

Nel libro di Maria Teresa Lentini non si incontra solo Maria Fuxia, ma anche tantissime figure della storia e della poesia che in qualche modo sono collegate alla vita della sfortunata poetessa palermitana. Ciò, d’altronde, è rivelato dal sottotitolo: “Sulla vita di Maria E. Fuxa ed altre cronache”.

Le tante “divagazioni” ci immergono in contesti geografici, storici, sociali che costituiscono la cornice della sua esistenza tormentata. Pertanto, leggendo “La voce della crisalide”, il lettore avrà modo di conoscere Alia e la sua storia, di respirare il clima assai poco sereno della Palermo preda dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, d’incrociare altre poetesse vittime del male oscuro (come Virginia Woolf e Alda Merini), di apprendere le innovative e lungimiranti regole terapeutiche introdotte da Pietro Pisani con l’istituzione della Real Casa dei Matti. Il che, senza intaccare la linearità della biografia, rende il saggio istruttivo e ancora più interessante.

Ad arricchire “La voce della crisalide” concorrono anche, oltre diverse poesie e pagine di diario della Fuxa, la presentazione di Alfonso Giordano, l’introduzione di Santo Lombino e la postfazione di Roberto Tripodi.

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