Operazione Cuci e Scuci della squadra mobile

Le mazzette anche sulle ristrutturazione dei beni confiscati destinati ai carabinieri

Quindi qui quando poi ci sarà l’inaugurazione verrà il Ministro dell’Interno, verranno Prefetti… cioè, una cosa ovviamente che finisce sopra … in televisione perché, ah dice, nella casa del mafioso ci abbiamo fatto la caserma dei carabinieri. Quindi il lavoro tra l’altro si deve fare in una certa maniera, insomma non è una cosa, una minchiata … “.

Così il geometra e geologo Antonio Casella e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato – intercettati il 14 luglio 2017 – “discutono” di una villa confiscata alla mafia e destinata ad ospitare la nuova stazione dei carabinieri di Capaci (Pa), con annessi alloggi di servizio.

Per entrambi è scattata – su disposizione del gip di Palermo – la misura della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio per la durata di 12 mesi.

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“Importo del finanziamento, 500 mila euro. La società si aggiudicava l’appalto espletato – scrive il gip – con la solita procedura negoziata, offrendo un ribasso del 39.50%. Il Pubblico Ufficiale, che in generale criticava la scelta di recupero dell’immobile e temeva che i lavori effettuati non avrebbero superato la verifica sismica, contava comunque – sostiene il giudice – di far recuperare introiti all’impresa, affidando ad essa gli appalti relativi ai lavori di completamento”.

Ma questo non è l’unico bene sotto il controllo dell’Agenzia dei beni confiscati alla mafia a finire nel mirino dei “funzionari” del Provveditorato delle opere pubbliche di Palermo, arrestati oggi con l’operazione “Cuci e scuci”.

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C’è anche un appartamento in via Giusti, a Palermo, confiscato ad un mafioso e destinato ad alloggio di servizio per un sottufficiale dell’Arma, in cui sono necessari lavori di ristrutturazione (adeguamento impianti elettrici e idrici). La struttura è affidata dall’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata all’Arma dei Carabinieri.

“Le conversazioni intercettate rivelano l’esistenza di un accordo corruttivo tra Monte Claudio e D’Alessandro Tommaso, in forza del quale, a fronte della indicazione nel SAL e nell’atto di assestamento contabile di voci per spese non eseguite o eseguite per un importo minore, e – più in generale – di un asservimento della funzione pubblica agli interessi del privato imprenditore, il Pubblico Ufficiale ha ricevuto dal D’Alessandro una somma di denaro pari a 700/800 euro”.

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