Oggi, sabato 18 dicembre, presso il Magneti Cowork di via Emerico Amari a Palermo, si svolgerà dalle ore 16:30 un’Agorà per affrontare il tema della legge quadro sulla disabilità da poco approvata in Consiglio dei Ministri, e del fine vita.

I partecipanti

Ne parleranno, tra gli altri, Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e Presidente di Eumans, in collegamento Zoom; la responsabile Diritti e Politiche di genere del Pd Palermo, Aurora Ferreri; l’Assessora alla Cittadinanza solidale del Comune di Palermo, Cinzia Mantegna; Antonia Dalia, del Centro Padre Nostro di Brancaccio; Calogero Audino e Anna Maria Tirreno della CGIL ed il responsabile Agorà per la segreteria regionale del Pd, Daniele Vella. Modera l’Agorà Antonio Ferrante, Presidente della Direzione regionale del Pd Sicilia.

Dopo la campagna per il referendum sull’eutanasia legale

“Questa Agorà è, da una parte, un punto di arrivo, dopo la campagna di raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale. Dall’altra, è un punto di inizio che nasce dall’incontro e dal confronto con persone con disabilità, giovani, associazioni e realtà locali che affrontano ogni giorno tutte le problematiche connesse alla disabilità”, dichiara Aurora Ferreri (PD).

Dibattito sulla nuova legge quadro

“Sarà il momento – aggiunge l’esponente del Partito Democratico – per il fare il punto sulle opportunità offerte dalla nuova legge quadro e per proporre la creazione di progetti e servizi ad hoc ed il potenziamento delle strutture esistenti, con un focus anche sull’attuale questione riguardante il fine vita ed il prossimo referendum per l’eutanasia legale, affinché i diritti umani fondamentali delle persone vengano rispettati, facendo in modo che chiunque possa essere protagonista della propria vita fino alla fine”.

15 anni da morte Welby, avviò lotta per il fine vita

Poter decidere quando terminare “con dignità” la propria vita devastata da una malattia irreversibile e sofferenze insostenibili. Il primo a porre questa richiesta, chiamando in causa le istituzioni, è stato Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni colpito da distrofia muscolare. Quindici anni fa, il 20 dicembre 2006, Welby chiese al medico Mario Riccio di staccare il respiratore che lo teneva in vita.

Dopo di lui, tanti sono stati i casi che hanno scosso le coscienze ma per arrivare all’approdo in Parlamento di una normativa che regolamentasse il suicidio assistito si è dovuto attendere sino alla scorsa settimana. La legge, tuttavia, resta per ora al palo.

Dopo aver scritto all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera in cui chiedeva l’eutanasia, nel 2006 Welby vide rifiutata la sua richiesta dal tribunale di Roma che la respinse dichiarandola “inammissibile” a causa del vuoto legislativo su questa materia. Pochi giorni dopo, chiese a Riccio – che venne poi assolto dall’accusa di omicidio del consenziente – di porre fine al suo calvario staccando il respiratore sotto sedazione.

Da Eluana Englaro a Dj Fabo

Dopo di lui, un filo rosso ha legato tanti volti alla battaglia per la ‘fine dignitosa’, da Giovanni Nuvoli a Eluana Englaro e Dj Fabo (Fabiano Antoniani), morto in Svizzera nel 2017 nella struttura dove si era recato accompagnato da Marco Cappato dell’Associazione Coscioni per ottenere il suicidio assistito.

L’ultimo caso è quello di Mario, tetraplegico, il primo malato ad aver ottenuto il via libera legale al suicidio medicalmente assistito in Italia, secondo l’iter stabilito dalla sentenza Cappato/Antoniani della Corte costituzionale, ma che oggi ha denunciato l’Azienda sanitaria unica delle Marche e il Comitato Etico della Regione Marche per il reato di ‘tortura’ a seguito del ritardo nelle necessarie verifiche sul farmaco letale da utilizzare e le relative modalità di somministrazione. Sullo sfondo, dopo anni di lotte e sentenze di tribunali, il Testo unico sul suicidio medicalmente assistito, di cui l’Aula della Camera ha concluso la discussione generale lo scorso 13 dicembre. Ma i tempi non paiono brevi: perché l’Assemblea di Montecitorio si esprima sulle norme, considerate troppo poco dall’Associazione Coscioni, al centro di un acceso dibattito con forti distinguo tra le forze politiche, bisognerà probabilmente attendere almeno fino a dopo l’elezione del Capo dello Stato.

L’intervento nel 2019 della Corte Costituzionale

In attesa di una norma nazionale, sono stati fatti passi avanti negli anni, afferma all’ANSA la segretaria dell’Associazione Coscioni Filomena Gallo, ma non è abbastanza. “Siamo arrivati nel 2017 ad una legge sul Testamento biologico, che rende lecito il distacco dei trattamenti in corso previa sedazione palliativa profonda e alla disobbedienza civile di Cappato nel caso Dj Fabo – spiega – con un intervento nel 2019 della Corte Costituzionale che ha valore di legge e che rende non punibile l’aiuto al suicidio se la persona che ne fa richiesta ha determinate condizioni verificate dal Ssn, ovvero ha malattia irreversibile fonte di sofferenza fisica o psichica, è dipendente da trattamenti di sostegno vitale e ha piena capacità di autodeterminarsi”. Solo nel 2021 il Parlamento, sottolinea Gallo, “inizia timidamente a parlare di suicidio assistito, ma ad oggi c’è stata una sola seduta con un rinvio senza data”.

Il Testo unico però, secondo Gallo, già presenta elementi di “forte criticità ed è un passo indietro rispetto alla sentenza della Corte, perché non stabilisce tempi certi di risposta per il malato e vengono aggiunti ulteriori requisiti che creano discriminazione tra gli stessi malati in base alla gravità della patologia”.

La legge, chiarisce inoltre, “si riferisce al suicidio assistito, che prevede l’autosomministrazione del farmaco letale da parte del malato stesso, ed è cosa diversa dall’eutanasia che prevede invece la somministrazione del farmaco da parte di un terzo in modo attivo”.

Se la legge è quindi un “tentativo per bloccare il referendum sull’eutanasia, allora – afferma la rispediamo al mittente”. Quanto al referendum, “siamo in attesa dell’udienza di ammissibilità dinanzi alla Consulta e poi, finalmente – conclude – gli italiani potranno essere chiamati alle urne per decidere”.

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