Nel 2018 nell’Isola le vendite all’estero, al netto dei prodotti della raffinazione, hanno fatturato 4 miliardi e 465 milioni di euro, segnando, rispetto all’anno precedente, una crescita del 15,8% in termini monetari, dopo che nel 2017 la crescita era stata del 17%. Su scala nazionale l’export, esclusi i derivati della raffineria, ha contabilizzato 447 miliardi e 729 milioni di euro, quindi un +2,8% sull’anno precedente che, invece, aveva chiuso con un incremento del 7,0%.
“Con tutte le cautele del caso – afferma Alessandro La Monica presidente del Diste Consulting – ma è un dato di fatto che la Sicilia stà dimostrando delle inaspettate capacità di resilienza allo tsunami della grave crisi che si è abbattuta sulla sua già precaria economia. Pur con alti e bassi, nell’arco del decennio 2008/2018 l’export, al netto dei prodotti derivati dal petrolio, in Sicilia ha registrato un tasso di crescita cumulato del 37% in termini monetari, a fronte di un +27% appuntato su scala nazionale. Una performance che appare ancora più apprezzabile tenuto conto che il prodotto interno lordo dell’Isola si è ridotto del 2,5%e quello nazionale è aumentato del 7,5% su base monetaria”.
Un’analisi a tutto campo quella fatta dal Report Sicilia n.50 elaborato da Diste Consulting con Arces, il Collegio universitario di merito che opera nell’alta formazione, presieduto dall’avvocato catanese Francesco Attaguile e dal vice presidente Antonio Purpura professore ordinario di economia applicata all’Università degli Studi di Palermo.
Il rapporto che è stato presentato oggi all’Università di Palermo, dal responsabile scientifico di Report Sicilia il prof. Pietro Busetta, dal vice presidente dell’Arces il prof. Antonio Purpura e dal dott. Alessandro La Monica presidente Diste Consulting, fa un focus sulle dinamiche più recenti dell’export siciliano evidenziando innanzitutto come la componente petrolifera presenta nell’Isola valori elevatissimi che non hanno riscontro in altre realtà regionali, ma anche che, dalla disaggregazione dei dati per gruppi merceologici, ad avere la meglio sono stati i prodotti del manifatturiero seguiti dall’agroalimentare.
Tra gli altri gruppi degni di nota abbiamo quello dei prodotti chimici, con 1 miliardo e 138 milioni di euro, pari a un +14,4% in decelerazione sulla dinamica precedente (+34,6% nel 2017). Tra i restanti raggruppamenti il fatturato sull’estero risulta nel 2018 inferiore al miliardo di euro. Solo l’export di computer, apparecchi elettronici e ottici supera i 500
milioni, raggiungendo i 533 milioni e registrando incrementi del 24,3% l’anno scorso e del 37,5% nel 2017 e realizzando nell’arco degli ultimi dieci anni un exploit del 96% (+36% su scala nazionale).
Secondo il Prof. Antonio Purpura vice presidente di ARCES, “il Report Sicilia conferma un quadro di difficoltà dell’economia regionale, che si è andato consolidando in questi anni. I segnali positivi, che pur si colgono, delineano un recupero troppo lento, e comunque del tutto insufficiente perché si possa parlare di un rientro pieno verso i valori delle grandezze macroeconomiche fondamentali registrate ante crisi.
L’industria agroalimentare, unitamente al turismo, appaiono gli ambiti nei quali l’economia regionale resiste bene, e mostra dinamiche in controtendenza rispetto al sistema economico regionale nel suo insieme. Da tempo, ed anche negli anni centrali della crisi, essi segnalano una peculiare resilienza che li accredita come ambiti privilegiati per una credibile politica di rilancio dell’economia regionale, almeno nel breve-medio termine.
Rimangono –ha continuato Purpura- ancora aperte le ben più strutturali problematiche del ritardo di sviluppo, per la cui soluzione si attende una nuova politica industriale finalizzata a rivitalizzare il tessuto industriale, oggi ridotto
sotto soglia critica di sopravvivenza, puntando decisamente sulle politiche di attrazione degli investimenti. Dalla Regione ci si attende il varo delle Zone Economiche Speciali, ossia dello strumento che, se ben finalizzato e coordinato
funzionalmente con le politiche dei Fondi strutturali europei, potrebbe ridare fiato alla speranza di ripresa della industrializzazione dell’Isola”.
Due i Focus sviluppati dagli analisti del Diste Consulting uno sull’interscambio commerciale con la Cina e uno sulle conseguenze della Brexit nei rapporti commerciali con il Regno Unito.
Dopo la visita in Sicilia del presidente Xi Jinping e della moglie, in occasione dell’accordo sottoscritto sul progetto “La via della seta”, si erano alimentate le alquanto modesti: dai dati sui flussi di turisti cinesi in visita in Sicilia si registrano 21.149 arrivi per un totale di 35.087 presenze, con una permanenza media di 1,7 giornate. La permanenza media è esattamente la metà della durata del soggiorno dell’intero flusso internazionale che è di 3,3 giornate, ogni mille arrivi in totale sul territorio dell’Isola soltanto 4,4 sono cinesi e solo 2,4‰ è la quota di cinesi relativa ai soggiorni.
Sul fronte dell’interscambio commerciale le statistiche evidenziano cifre ugualmente trascurabili: le esportazioni dell’Isola nel 2018 si sono aggirate intorno a 214,7 milioni di euro, registrando comunque una crescita più apprezzabile (+46%) dell’espansione del totale export siciliano (+15,3%). In conseguenza della suddetta dinamica la quota dell’export verso la Cina sul complessivo dato regionale è aumentata dall’1,6% del 2017 al 2,0%.
La tipologia merceologica che sembra acquisire una crescente importanza nell’export verso la Cina – almeno a giudicare dalle dinamiche più recenti – è quella riguardante i medicinali e preparati farmaceutici: che nel 2018 hanno raggiunto i 103,4 milioni di euro crescendo del 91% sull’anno precedente e aumentando di dieci volte rispetto a due anni prima. Una analoga segnalazione si guadagna il gruppo dei prodotti chimici di base, fertilizzanti e prodotti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie che scala nel 2018 i 72,9 milioni di euro, dai 45,3 del 2017 e dall’1,6 milioni di due anni prima.
A seguire i prodotti agroalimentari, che raggiungono i 18 milioni di euro (+32,8% sul 2017) rosicchiando una quota pari all’8,4% dell’ammontare complessivamente esportato in Cina. Dati che, al di là delle affermazioni propagandistiche, per il momento si attestano su dinamiche molto contenute.
L’altro focus elaborato dagli analisti del Diste Consulting ha riguardato le conseguenze per la Sicilia della decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea, dove il problema principale riguarda le modalità di uscita.
Nella malaugurata ipotesi in cui prevalga il cosiddetto no deal, vale a dire nessun accordo e quindi un’uscita senza intese condivise tra Regno Unito e Ue, anche le conseguenze sull’export siciliano potrebbero rilevarsi spiazzanti, con
una serie di dazi in grado di creare problemi ad alcuni settori di primaria importanza, tra cui l’agroalimentare e non solo.
Nel 2018 l’export della Sicilia verso il Regno Unito, è stato di 226,6 milioni di euro (+16,9% rispetto all’anno precedente), pari al 2,1% dell’ammontare totale siciliano, mentre le importazioni hanno toccato i 167,8 milioni (-22,7%)
incidendo per l’1,0% sul totale regionale. Di conseguenza, il bilancio consuntivo dell’anno si è chiuso con un avanzo di 58,8 milioni di euro. In particolare la Sicilia ha esportato nel Regno Unito prodotti agroalimentari per 59,1 milioni di euro (+7,0% sull’anno precedente), che incidono sul flusso totale regionale per il 26,1%, e prodotti dell’industria chimica e farmaceutica per 114,6 milioni di euro (+26,6% rispetto all’anno prima) e una incidenza sul totale esportato del 50,6%.
In questo caso il saldo positivo export/import è di 58,2 milioni, in crescita rispetto ai 31,7 milioni di euro dell’anno precedente.
Dichiara Pietro Busetta presidente di Isesst (l’Istituto Esperti per lo Studio del Territorio) e responsabile scientifico del Rapporto: “L’andamento dell’export siciliano é interessante. I tassi di incremento sia dell’oïl che del resto sono più
consistenti della media del Paese. Ma i valori assoluti sono molto contenuti e dimostrano la necessità di far crescere la base produttiva dell’Isola.”
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