• A Monreale la presentazione del libro “Nè luna né santi” di Santo Lombino
  • E’ un giallo storico ambientato nella Sicilia degli anni Venti
  • E’ ispirato ad una vicenda reale, l’omicidio di don Gaetano Millunzi, religioso monreale ucciso dalla mafia 101 anni fa

Nella suggestiva cornice dei giardini arcivescovili di Monreale, con l’accompagnamento delle musiche composte dalle giovani pianiste monrealesi Sara e Chiara Grimaudo, è stato presentato il libro “Né luna né santi” di Santo Lombino.

Un giallo storico ambientato nella Sicilia degli anni Venti

Una sorta di giallo storico ambientato nell’entroterra siciliano degli anni Venti, dibattuto, oltre che dallo stesso autore, dall’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, dal rettore del seminario don Giuseppe Ruggirello, dalla docente di lettere Romina Lo Piccolo. Ha coordinato la presidente della Pro Loco di Monreale Amelia Crisantino; letture tratte dal libro, attraverso la voce di Vincenzo Giaconia.

L’anniversario dell’omicidio di don Gaetano Millunzi

Al centro della narrazione l’omicidio di padre Innocenzo Misseri, in un fantomatico paese siciliano, Torrebruna. Una vicenda letteraria in un contesto storico in cui cui si verificarono non pochi episodi simili.
La scelta della data non è casuale, ma coincide con i 101 anni dall’uccisione di don Gaetano Millunzi, religioso monrealese ucciso dalla mafia in circostanze rimaste oscure, forse per questioni legate al controllo delle acque.

Numerosi sacerdoti uccisi dalla mafia

“Le vicende di microstoria – ha osservato l’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi – possono accendere una luce di comprensione sulla macrostoria, segnata dai flussi migratori e dalla” spagnola”. In quegli anni, numerosi sacerdoti furono uccisi dalla mafia, tutti omicidi rimasti senza un colpevole. Denominatore comune i tentativi di depistaggi da parte della mafia che cerca sempre di non apparire, di non mostrarsi come mandante. Come del resto accadde anche con l’omicidio di don Pino Puglisi. Il libro ci ricorda religiosi che non si sottrassero allo scontro frontale con la grande proprietà terriera, di cui la mafia rappresentava il braccio armato, schierandosi in difesa dei contadini e denunciando gli abusi della mafia stessa”.
Giuseppe Ruggirello si è soffermato su un particolare curioso nell’uccisione del Millunzi: il suo corpo fu ritrovato nella vigna che era appartenuta a Veneziano e che il religioso aveva voluto.

“I siciliani capaci di lottare”

L’autore ha sottolineato la dicotomia in cui si muove il suo racconto fra il tempo lento del mondo rurale e il tempo “accelerato” della modernità che sta per irrompere attraverso la ferrovia. Un tempo segnato da un evento delittuoso ispirato a fatti tragici realmente accaduti di cui si è quasi persa memoria. “Questi fatti – ha concluso Lombino – ci ricordano che i siciliani non sono persone apatiche, ma capaci di lottare per migliorare il mondo”.

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