In  Via Bernini 54, a Palermo, è iniziata la riscossa dello Stato contro Cosa Nostra. E’ l’indirizzo dove viveva, in una villa lussuosissima, Totò Riina, il capo della mafia corleonese. Oggi, al posto del covo di Toto’ U curtu, c’è una caserma dei Carabinieri. Quella caserma “è un simbolo e i simboli sono fondamentali – spiega il Maggiore Simone Calabrò, comandante della Stazione dei Carabinieri Palermo San Lorenzo – perchè è molto significativo che lo Stato qui si sia affermato. Oggi c’è la Stazione dei Carabinieri, nello stesso luogo che era il covo di un pericolosissimo esponente della criminalità organizzata”.

“Mi piace sottolineare che al posto dell’Antistato – continua Calabrò – oggi c’è un luogo simbolo di legalità, c’è lo Stato che ascolta i cittadini e risolve i suoi problemi”.

Proprio in via Bernini finisce la latitanza di Riina. La mattina del 15 gennaio 1993, gli uomini del Crimor del Reparto operativo speciale dei Carabinieri, guidati da Sergio De Caprio (il leggendario “Capitano Ultimo”) fermava all’altezza della rotonda di Via Leonardo da Vinci, la Citroen bordeaux guidata da Salvatore Biondini, con a bordo il Capo dei Capi. E’ l’epilogo dell’Operazione Belva, avviata subito dopo le stragi del 92, per porre fine alla carriera criminale di Riina.

Da quel successo investigativo scaturirono delle polemiche per la mancata perquisizione del covo. “Del covo di Riina non sappiamo nulla – spiega Manlio Viola, direttore di Blogsicilia – ed è un peccato, perchè dal covo dei latitante si possono conoscere molte cose e comprendere alcuni aspetti dell’organizzazione mafiosa”.

La villa di Totò Riina era inserita in un complesso residenziale di altissimo pregio. Uno spaccato della contaminazione tra borghesia mafiosa ed apparati criminali. Molti di quegli immobili sono stati confiscati e da lì si combatte la mafia da un profilo educativo e socio culturale. Una delle ville è diventata la sede dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. “Uno spazio aperto per raccontare il mondo dell’informazione e la legalità”, spiega il presidente dell’Ordine di Sicilia, Roberto Gueli.  Nel salone principale della sede dei giornalisti, ricorda Gueli “è esposta una mostra fotografica, a cura di Franco Nicastro, che racconta il sacrificio dei giornalisti siciliani contro la mafia”.