Le intercettazioni irrinunciabili, il concorso esterno, la diffusione della droga che foraggia le casse della mafia e rende uomini e donne ricattabili. Il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia davanti alla commissione antimafia ha affrontato tutti i temi caldi di questa estate che vede ancora una volta contrapposta la politica e la magistratura.

Le intercettazioni strumento decisivo

“Le intercettazioni: continuano a essere uno strumento decisivo nel contrasto alle mafie. Organizzazione vuol dire comunicazione. I mafiosi parlano tra loro e non possono non farlo se non rinunciando a fare affari ed è perciò indispensabile cercare di entrare in Cosa nostra ascoltandone i componenti”, ha detto de Lucia. Oltre al capo della dda del capoluogo erano presenti gli aggiunti Marzia Sabella e Paolo Guido, i magistrati con delega sulle inchieste sui clan palermitani e trapanesi. “Quel che c’è da evidenziare piuttosto – ha aggiunto – è che l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi che sono riusciti a mettere a punto gli strumenti per intercettare le forme più evolute di comunicazione a cui le mafie fanno ricorso come le piattaforme criptate”. De Lucia ha ribadito l’esigenza di un quadro giuridico stabile. “Quadro giuridico stabile vuol dire che è inimmaginabile una riforma in senso limitativo”, ha spiegato.

“Perplessità su abolizione abuso d’ufficio”

“Ho già espresso nel corso di una precedente audizione le mie perplessità sull’abolizione tout court del reato di abuso d’ufficio sia per i vincoli europei, sia perché per certe fattispecie senza l’abuso d’ufficio si creerebbe un vulnus nel sistema”. Ha aggiunto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia rispondendo alle domande del senatore Roberto Scarpinato. “In diversi processi di mafia – ha spiegato – siamo arrivati a contestare l’abuso d’ufficio a una serie di soggetti ‘minori’ che avevano posto in essere condotte che dovevano essere punite con quel reato. Un esempio è la storia di un imprenditore della sanità che tra i tanti reati aveva commesso una truffa di decine di milioni alla Regione, reato che comportava che una serie di funzionari chiudessero un occhio ad esempio sulle fatture usate per i rimborsi consentendo così pagamenti abnormi. Ecco loro li abbiamo perseguiti con l’abuso d’ufficio”. “Attenzione quando si tocca un punto del sistema perché il sistema potrebbe risentirne e comunque non è affatto detto che eliminare il reato risolva la cosiddetta paura della firma”, ha proseguito. “Se c’è speculazione poi, cioè se qualcuno strumentalizza per sue battaglie e suoi fini un avviso di garanzia è un problema politico che non riguarda noi tecnici. Giuridicamente l’avviso di garanzia comporta solo che il cittadino venga a conoscenza di una indagine a suo carico, se poi c’è chi ne fa uso strumentale, quello è un altro discorso”, ha concluso.

Trojan è strumento invasivo ma non rinunciabile

“Che il trojan sia uno strumento davvero invasivo è innegabile ed è per questo che va fatto un attento bilanciamento di interessi ma ciò, a mio avviso, vuole dire che serve ad esempio un maggior controllo del gip sulle autorizzazione all’uso, o sulle proroghe che devono essere ben motivate, ma certo non comporta la rinuncia allo strumento specie in una situazione in cui il fenomeno della corruzione si manifesta come davvero pervasivo e importante”, ha detto de Lucia.

La mafia cerca capitali attraverso traffici di droga

“Cosa nostra tenta di ristrutturarsi e lo fa innanzitutto cercando nuovi capitali: da qui il rinato interesse per il traffico di droga e le mire sugli appalti” – ha aggiunto de Lucia – “La mafia – ha spiegato – è tornata a gestire in modo massiccio i traffici sul territorio e ha riaperto i rapporti con la ndrangheta, broker monopolista in materia soprattutto nei traffici col Sudamerica, per tornare sui mercati internazionali”. “C’è inoltre un rinnovato interesse per gli appalti: e in questo senso esiste il problema delle stazioni appaltanti. – ha proseguito – Una cosa è avere una stazione appaltante più distante dal territorio e formata da tecnici riconoscibili e onorabili, altro affidare la gara a un tecnico del comune che si sente bussare alla porta da qualcuno che gli spiega come gestire gli appalti”.

Chi compra droga può essere ricattabile

“Chiaramente il mercato della cocaina è illecito e chi acquista deve mettere in conto un contatto seppure indiretto con le mafie. E’ possibile pertanto che chi compra si esponga al rischio di essere ricattabile e questo per un uomo delle istituzioni può essere un problema. Questa, però, è una valutazione che noi magistrati non facciamo. Noi dobbiamo fare processi, ma, in astratto, se tu ti rivolgi a un mercato illecito ricopri un ruolo corri dei rischi”. Ha detto il capo della Dda rispondendo alla domanda del deputato del Pd Giuseppe Provenzano dopo l’inchiesta sullo spacciatore dei vip che avrebbe ceduto cocaina, tra gli altri, all’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè.
“Il consumo di droga è una piaga diffusa in tutta la popolazione e da parte nostra non c’è alcun giudizio morale. – ha aggiunto – Noi quando costruiamo l’imputazione abbiamo il dovere di consentire all’indagato di conoscere gli estremi delle accuse a suo carico. Per cui se accuso tizio di aver venduto a caio, devo dire chi era caio e dare le indicazioni per dimostrare che la cessione è avvenuta”. De Lucia ha affermato che per far fronte alla pericolosa espansione del traffico di crack sarebbe utile “un controllo militare sul territorio per un periodo che scoraggi la distribuzione”.

Contro sacche collateralismo serve sviluppo

“In alcune zone si individuano sacche di collateralismo o di ‘distrazione’ di massa. Il mio compito, da magistrato, è trovare i colpevoli, ma non si può ignorare il fenomeno. Il tema però è lo sviluppo culturale di certe zone: senza uno sviluppo vero avremo sempre un ambiente favorevole al lavoro delle mafie. La vera scommessa è creare le condizioni di sviluppo”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia davanti alla commissione nazionale antimafia in merito alla vasta rete di coperture di cui ha goduto l’ex latitante Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara, paese in cui il boss ha vissuto gli ultimi anni da ricercato.

Risposte dalla Tunisia su Messina Denaro

“A volte è difficile avere risposte dal Regno Unito e dall’altro lato del Mediterraneo. A parte la Libia, che è nella situazione che sappiamo e dove c’è un trafficante di uomini nei cui confronti abbiamo ottenuto un mandato di cattura e che risulta latitante perché protetto dalle milizie, saremmo, ad esempio, interessati ad avere risposte dalla Tunisia per quanto riguarda le indagini collegate a Matteo Messina Denaro, ma per ora abbiamo avuto solo risposte formali”. Lo ha detto davanti alla commissiona nazionale antimafia il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia a proposito della cooperazione internazionale nelle indagini dei pm del capoluogo. “Abbiamo invece una collaborazione importante con la Svizzera in diverse inchieste. In questo senso è davvero cambiato l’approccio rispetto al passato”, ha aggiunto.

Concorso esterno è irrinunciabile

“Nel caso di un omicidio la legge punisce chi uccide, ma se io do una pistola a qualcuno sapendo che sta per sparare, rispondo di omicidio in concorso. Ora, se un sindaco rilascia dieci licenze edilizie illegittime alla ditta di costruzione di un mafioso dà certamente un contributo all’organizzazione mafiosa e concorre quindi nel reato di associazione mafiosa”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia davanti alla commissione nazionale antimafia rispondendo a una domanda della presidente sul concorso esterno in associazione mafiosa. “Ci sono beni giuridici che devono essere tutelati dalla legge penale. – ha spiegato – Si può casomai ragionare nel senso di migliore la definizione della fattispecie”. “Il concorso esterno in associazione mafiosa è delicato e può essere oggetto di riflessione – ha concluso – ma mi pare difficile immaginare di non ricorrere a uno strumento che si è rivelato finora utile a punire certe condotte”.

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