Con una innovativa ordinanza cautelare sulla “prevenzione collaborativa” il CGA sceglie di non rivolgersi unicamente ai Prefetti ma anche all’imprenditoria. Il Consiglio di giustizia precisa che l’istituto della prevenzione collaborativa di competenza del Prefetto, regolamentato dall’art94-bis del Codice antimafia, ha come unica finalità la salvaguardia della attività imprenditoriale che rischia di essere sopraffatta dalla criminalità organizzata.

Che differenza con l’Interdittiva Antimafia

La differenza tra questo istituto e l’interdittiva antimafia è di facile comprensione. L’interdittiva punta ad estromettere dal mercato, almeno per un determinato lasso di tempo, l’impresa ritenuta a rischio di infiltrazione mafiosa. La prevenzione collaborativa punta a rafforzare gli anticorpi dell’impresa in oggettivo pericolo di inquinamento difendendone, nel frattempo, la piena operatività sul mercato.

Il Consiglio di giustizia amministrativa con l’ordinanza cautelare dell’8 agosto 2025 n. 284 (presidente De Francisco, estensore Lo Presti), evidenzia che con la misura della prevenzione collaborativa, a differenza di quanto avviene con l’informazione interdittiva antimafia, il Prefetto
assume su di sé il compito di “salvaguardare non solo la presenza nel mercato dell’impresa, ma anche di accrescere la sua capacità imprenditoriale mediante la valorizzazione della onorabilità socioeconomica che, non per caso, inizia proprio con la sua immediata iscrizione nella white list”.

Uno strumento che punta a sviluppare gli anticorpi del sistema produttivo

Il Legislatore, con tutta evidenza, disciplinando la prevenzione collaborativa, a fronte della tutela dell’ordine pubblico e sociale nella ponderazione degli interessi, ha optato, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, per la temporanea prevalenza e persistenza della difesa e tutela della iniziativa privata.

Tocca anche all’imprenditoria cogliere l’assoluta novità della misura voluta dal Legislatore nel disegnare un nuovo modo di leale collaborazione tra privati e Prefetture nella comune lotta contro la mafia e in difesa del libero mercato.

Collaborare con il Prefetto nella difesa dell’iniziativa privata non può provocare alcun danno di immagine né alcun danno materiale irreversibile.

Anzi, da un conducente e leale rapporto di collaborazione l’impresa privata può uscire solo rafforzata nella sua immagine.

Un monito al mondo dell’imprenditoria

Si legge nell’ordinanza cautelare in commento un monito al mondo dell’imprenditoria: “dall’applicazione di detta misura non può derivare, per definizione, alcun danno di immagine, sostanziandosi essa in una leale collaborazione tra un organo dello Stato e l’imprenditore privato”.

Occorre abbandonare ogni pregiudizio e ogni diffidenza nei confronti delle Prefetture che, finalmente, si rappresentano non come tutori di un ordine pubblico securitario ed autoritario che prevarica l’iniziativa privata, ma come difensori dell’ordine “pubblico economico” nel cui ambito è di loro competenza la primigenia e fondamentale difesa l’iniziativa privata.

Con la prevenzione collaborativa il legislatore ha messo all’angolo la micidiale “diffida antimafia” scegliendo di fornire all’operatore economico uno strumento per evitare di vedere definitivamente
compromessa la propria impresa.

Un nuovo patto fra prefetture e Imprenditoria

In fondo il CGA ha colto come la norma tenda a suggerire un nuovo patto tra Prefetture e imprenditoria ove la lotta antimafia passa per la strenua difesa dell’attività privata, potendosi ricorre all’interdittiva antimafia solo nei casi residuali in cui si ritenga impossibile eliminare i fattori di rischio di infiltrazione mafiosa di cui è portatrice la singola impresa.

Difendere la prevenzione collaborativa significa porre fine al dilagare dell’uso dell’interdittive.

 

Nino Caleca che firma questo articolo è avvocato, ex assessore regionale e da ultimo ex giudice del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana