“La vicenda dei rapporti con la mafia di alcuni candidati alle amministrative di Palermo fa venire in mente quanto dice don Mariano Arena al capitano Bellodi ne “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia”. Lo dice il candidato a sindaco Ciro Lomonte.
“Io ho una certa pratica del mondo – scrive Sciascia – e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà…
Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…».
Per Lomonte “questo ritratto triste descrive i siciliani? No, descrive un fenomeno criminale alimentato ad arte per mantenere la Sicilia nella condizione di colonia.
Non basta condannarlo decisamente. C’è da chiedersi cosa stia succedendo davvero, in un momento in cui i partiti italiani sembrano sempre più preoccupati del montare della protesta popolare, contro la quale i vecchi feudatari del voto si sentono disarmati.
È mai possibile che i Siciliani debbano essere stretti in una morsa in cui da un lato c’è la vecchia mafia di una città malata, dall’altro la retorica antimafia senza sviluppo?”

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