Mater D è un progetto che parla siciliano. A questo test lavorano due medici siciliani, Goffredo Arena e Aurelio Lorico. Arena è tornato in Sicilia, al Giglio di Cefalù, dopo venti anni in Canada. Lorico, invece. continua le sue ricerche e la sua attività in una università siciliana. Mater D nasce all’inizio del millennio da un’intuizione di Arena. Col passare del tempo, e con grandi difficoltà a causa di scarsissime risorse economiche, il progetto è andato avanti con l’ingresso nel team di Lorico.

Che cosa è il Mater D?

Cos’è praticamente Mater D? “E’ un test che può scoprire la presenza di  vescicole extracellulari tumorali nel sangue. Un test che all’inizio utilizzava i topi dunque era una piattaforma biologica e che impiegava tempo e risorse. Oggi  abbiamo ideato un test fondamentalmente biochimico che può permettere di andare ad investigare tumori di tutti i tipi”, ha spiegato Arena, ospite insieme al collega Lorico, di Casa Minutella. Il responso arriva nel giro di cinque ore grazie a un prelievo di sangue. Adesso il progetto ha ricevuto un upgrade importante. Grazie alle collaborazioni ancora attive con le università e i ricercatori canadesi, Mater D è diventato Mater Dai, dando spazio all’intelligenza artificiale e agli algoritmi.

Arena e Lorico, i due scienziati siciliani che combattono il cancro

Arena sottolinea l’importanza della collaborazione con Lorico: “l’incontro tra me e Aurelio è un incontro magico,  come ci siamo incontrati e abbiamo stabilito questa amicizia che penso che vada fuori dallo spazio e dal tempo.  Sono due storie che si incrociano, due due modi di pensare di vedere il tumore che si incrociano e si uniscono per il sogno di poter creare una terapia. Io non ho mai lavorato sulle terapie. Aurelio, invece, ha sempre lavorato su questo”.

Mater D nasce da una intuizione del 2003

Come è nato questo progetto. Tutto risale al 2003. “Ho immaginato un processo alternativo con cui le metastasi potessero formarsi. Oggi la cultura tradizionale pensa che le metastasi siano cellule che migrano. Nel 2003 ho impostato una ricerca diversa, immaginando che le metastasi potevano essere come delle chat, dei messaggi che il tumore mandava a cellule normali in altri organi,  trasformandole  così in copie degli stessi tumori. Insomma, è’ come un telecomando,  si preme il pulsante e cambia il canale in tv, è  la stessa cosa”.