“Tengo a precisare che il Piano dei Rifiuti e tutti i provvedimenti che ho assunto vanno nella relazione opposta agli automatismi imprenditoriali di soggetti privati come Arata e che non ho mai conosciuto Vito Nicastri i cui rapporti con Arata ho appreso dalla stampa”. L’assessore all’Energia Alberto Pierobon ha negato, davanti ai pm della Dda di Palermo che lo hanno sentito la scorsa settimana, ogni favoritismo nei confronti dell’ex consulente della Lega Paolo Arata, coinvolto in una indagine su tangenti alla Regione legate alla velocizzazione di procedure per le autorizzazioni di impianti di energie alternative. L’interrogatorio di Pierobon è stato depositato oggi agli atti del fascicolo dell’indagine che ha portato, all’arresto, oltre che di Arata e del figlio, anche di Vito Nicastri, che ha poi patteggiato una condanna a due anni e 6 mesi per corruzione. Nicastri, detto re dell’eolico per i suoi investimenti nel settore, è ritenuto uno dei finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Pierobon che, come emerge dall’indagine, ha avuto contatti con Arata che era interessato alla realizzazione di due impianti di biometano, ammette di aver conosciuto il faccendiere. “Ho conosciuto Paolo Arata casualmente all’assessorato all’Energia insieme al direttore generale. Si è presentato come parlamentare di Fi, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente responsabile dell’energia per il centro destra e futuro presidente dell’Arera. Lo ritenni persona molto referenziata alla luce dei titoli che mi aveva illustrato”. I due si incontrano a maggio del 2018. Un mese dopo gli inquirenti intercettano una telefonata in cui Pierobon rassicurava Arata dicendogli: “allora domani lui firma quell’atto dovuto perché è dovuto”. “Ma finché non è… non portiamo a casa la pelle dell’orso”, concludeva l’assessore. Sentito dai pm, Pierobon ha detto di non ricordare a cosa si riferisse Arata. “Non sono in grado di ricordare il riferimento posso immaginare si riferisse alla sollecitazione di Cordaro in vista del procedimento Via”, ha risposto.
Pierobon ha anche ammesso di aver messo in contatto Arata con il collega di Giunta Toto Cordaro, assessore al Territorio “affinché si occupasse dei ritardi e delle inefficienze della commissione Via – spiega – anche se non ho mai dato per scontato che l’esito del procedimento presso la commissione Via fosse favorevole alle istanze di Arata”.
Pierobon, che non risulta indagato ed è stato sentito come teste, ha anche raccontato ai pm di avere sollecitato le pratiche di Arata come aveva fatto in passato per altri procedimenti. “A fronte delle sue perduranti lamentale sui ritardi e le inefficienze per la Solgesta (società dell’ex consulente leghista, ndr) in particolare presso la commissione Via presi contatti con l’avvocato Sessa per partecipare a una riunione con gli Arata. Coinvolsi lo staff perché Arata paventava azioni giudiziarie e denunce alla stampa contro la cattiva gestione della Regione e io volevo evitare un caso politico”. Una versione, quella dell’assessore, che cozza con quanto raccontato da Cordaro, anche lui sentito dai pm nell’ambito della stessa indagine. Cordaro ha infatti sostenuto che Pierobon più volte l’avrebbe invitato a sollecitare gli uffici competenti ad evadere la pratica di Arata. “L’impressione che ebbi – ha spiegato – è che Pierobon desse per scontato che la commissione si esprimesse nei termini voluti da Arata. Una volta Pierobon, insieme a Paolo Arata, mi venne a trovare all’inizio di una seduta parlamentare chiedendomi ancora una volta della pratica pendente e sollecitandomene ancora una volta la definizione”. Non è escluso che per avere un quadro più chiaro e dirimere i contrasti tra le due versioni dei fatti la Procura disponga un confronto tra i due assessori.
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