“Sì, sono io” ha detto ai carabinieri il boss Matteo Messina Denaro poco dopo la sua cattura.

L’arresto dell’autista di Messina Denaro

Il capo dei Cosa nostra, latitante da 30 anni che avrebbe provato a scappare infilandosi dentro un bar, ha svelato quasi subito la sua identità ma oltre a lui ad essere arrestato è stato anche il suo autista, Giovanni Luppino, accusato di favoreggiamento.

Girava con un documento falso Messina Denaro che era in cura da oltre un anno nella clinica La Maddalena dove era conosciuto con il nome di Andrea Bonafade, un paziente di 60 anni, malato di cancro che, stamane, si è presentato nella struttura sanitaria per sottoporsi al ciclo di chemioterapia.

Le informazioni sul boss negli ultimi giorni

Nessuno sapeva che fosse il boss supericercato dalle forze dell’ordine, in particolare dai carabinieri. Negli ultimi giorni, i militari avrebbero avuto informazioni riservate sui movimenti di Messina Denaro: avrebbero saputo che il 16 gennaio si sarebbe dovuto recare in quella clinica per le cure.

I Ros, quando hanno messo piede nel locale, erano in tenuta da guerra, come raccontato dai testimoni e quel trambusto lo ha avvertito pure il boss che, preso dalla paura, ha lasciato la clinica ma quel tentativo di fuga è durato lo spazio di pochi attimi.

“Mi avete preso” la resa del boss

“Sono io, mi avete preso”, nelle parole del capo dei capi della mafia siciliana c’è la resa. Ora, i carabinieri hanno dirottato le attenzioni su quella filiera che ha protetto Messina Denaro negli ultimi 30 anni.

Caccia alla filiera di fiancheggiatori

Certo, fa riflettere la circostanza che il boss fosse a Palermo, in una clinica piuttosto nota, e non in qualche buco impenetrabile o magari all’estero, in uno di quei paesi senza estradizione. Niente di tutto questo, è stato bloccato a Palermo, come, esattamente, 30 anni fa, Totò Riina, fermato a bordo di una macchina, guidata, pure in questo caso da un autista, di cui, evidentemente i boss non possono farne a meno.

 

 

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