Era già finito in carcere a febbraio del 2020 con il blitz della Dia “White Shark” contro il clan dell’Arenella. Adesso per Giuseppe Costa, 55 anni, fratello di Rosaria Schifani, la vedova di Vito Schifani, l’agente di scorta del giudice Giovanni Falcone, ucciso con lui nella strage di Capaci, arrivano altri guai giudiziari: la Procura di Lecce gli contesta infatti di aver tenuto nella sua cella oltre 200 grammi di “fumo” (circa 1.520 dosi), nonché 8 microtelefonini, 9 sim e uno smartphone.

L’inchiesta

Il pm Maria Consolata Moschettini ha chiuso l’inchiesta a carico di Costa e si appresta a chiederne il rinvio a giudizio. Come ricostruito dall’accusa, lo scorso 6 marzo, nella cella che condivideva nel caecere pugliese con il napoletano Nunzio Porzio, nell’incavo del bidet sarebbe stata ritrovata la droga. L’hashish per gli inquirenti sarebbe stato destinato allo spaccio all’interno dell’istituto penitenziario. Non solo: Costa avrebbe avuto a disposizione anche microcellulari, sim e smartphone che avrebbe utilizzato durante la detenzione.

La vedova: “Mi dissocio da mio fratello”

“Mi dissocio da tutti, da mio fratello e da questi mafiosi che avvelenano il mondo. Per me è morto”. Queste le parole che aveva utilizzato Rosaria Costa, la vedova dell’agente Vito Schifani per commentare l’arresto del fratello.

Secondo il gip del Tribunale che ha firmato la misura cautelare l’uomo, ufficialmente imbianchino disoccupato di 58 anni, avrebbe “fatto parte della famiglia mafiosa di Vergine Maria, mantenendo rapporti con esponenti mafiosi di altre famiglie (…) nell’interesse primario dell’organizzazione mafiosa”. Costa inoltre avrebbe “organizzato e coordinato attività estorsive, nonché atti ritorsivi nei confronti di imprenditori e commercianti della zona” e “provveduto al mantenimento degli affiliati detenuti e alla corresponsione pro quota dei proventi dell’associazione mafiosa”.

A prendere le distanze anche Emanuele Schifani, figlio di Vito. “Con mio zio non c’erano rapporti. Da tempo. Zero rapporti” dice all’Adnkronos. Oggi  il giovane Schifani è capitano della guardia di finanza: “Purtroppo, chi rimane lì, o muore o diventa come loro…Per combattere bisogna allontanarsi, riorganizzarsi e tornare più forti”.