Notte di tensione al pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia di Palermo dove i carabinieri sono intervenuti per riportare la calma e fermare un giovane che aveva seminato il caos, costringendo i sanitari a bloccare le attività nella shock room per oltre un’ora.
A scatenare l’episodio di violenza, sebbene verbale, non i tempi d’attesa al pronto soccorso bensì una trasfusione di sangue.
Il figlio del paziente infatti, nonostante non fosse laureato in medicina, non avrebbe gradito la decisione presa dai medici e così avrebbe iniziato a inveire contro di loro. A nulla sarebbe servito l’intervento delle guardie giurate che hanno avuto più di qualche difficoltà a placare gli animi e convincere l’aggressore, peraltro cognato di un’infermiera in servizio presso lo stesso ospedale, a uscire dal pronto soccorso.
Il giovane poco dopo sarebbe tornato alla carica, costringendo i medici a chiamare il numero unico d’emergenza 112 per richiedere l’intervento delle pattuglie dei carabinieri. I militari hanno identificato l’aggressore contro il quale è scattata una denuncia per minacce. Toccherà poi alla direzione ospedaliera stabilire se procedere legalmente e costituirsi parte civile nell’eventuale processo.
“Il Covid ha dimostrato – dice Angelo Collodoro, vicesegretario regionale del sindacato Cimo – che l’85% dell’afflusso in pronto soccorso è inappropriato e inoltre aveva tenuto lontano quei delinquenti che adesso sono tornati a scorrazzare per gli ospedali. Constatiamo di essere all’anno zero nella solita indifferenza delle istituzioni preposte alla protezione di medici e infermieri che, oltre al sovraccarico di lavoro svolto spesso senza le necessarie misure di sicurezza, tornano come prima più di prima ad essere insultati, minacciati e malmenati”.

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