“Cosa nostra è vitale in ciascuna provincia siciliana. In questi anni l’organizzazione ha mantenuto il controllo del territorio e gode ancora di ampio consenso, ed esercita tuttora largamente la sua capacità di intimidazione alla quale ancora corrisponde, di converso, il silenzio delle vittime. La morte di Totò Riina costituisce paradossalmente un ulteriore elemento attuale di forza”. E’ quanto scrive la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, nella relazione conclusiva dell’Antimafia approvata nei giorni scorsi.

“Cosa nostra è infatti libera di ridarsi un organismo decisionale centrale, e quindi una strategia comune, finora ostacolata dall’esistenza di un capo che, in carcere a vita al 41-bis, né poteva comandare né poteva essere sostituito. Andrà perciò attentamente monitorata la fase di transizione che si è formalmente aperta e che probabilmente subirà un’accelerazione a breve”. Considerato che Cosa nostra, “nonostante l’azione incessante delle forze dell’ordine e della magistratura, mostra una straordinaria capacità di rigenerazione”.

Una relazione che non tralascia un nodo centrale quello della verità sulle stragi di mafia: “Dopo venticinque anni, la sede naturale in cui cercare la verità storica complessiva sulle stragi è quella politica – sottolinea la Bindi -. Si tratta di un percorso complesso in cui sarebbe auspicabile anche che i protagonisti, diretti o indiretti, o soltanto testimoni del perseguimento di quegli interessi “terzi”, finalmente contribuissero a far luce sulle pagine buie della storia italiana”.

“E’ un impegno morale che la politica non può più eludere e che la commissione rimette al nuovo Parlamento. Ciò che è accaduto allora resta una tragica ferita nella coscienza e nella dignità del paese. E’ un debito verità che è tempo di consegnare riscattato agli italiani di oggi e di domani”. Al nuovo Parlamento l’antimafia chiede di continuare a cercare la verità sulle stragi. “Rimane il dubbio che una lunga scia di sangue unisca politicamente via Fani a via D’Amelio, passando per la Sicilia e lungo la penisola”.

Un passaggio non può non riguardare le relazioni tra mafia e colletti bianchi della politica: “Il numero crescente di comuni sciolti per mafia e di procedimenti a carico di amministratori ed esponenti della politica locale, il trasformismo politico e il clientelismo su cui fa leva il voto di scambio, impongono una seria riflessione sulla moralità del sistema e sulla tenuta del principio di rappresentanza. Un decadimento allarmante che rende necessario integrare e correggere la Legge Severino”. si legge nella relazione. La relazione avanza proposte tese a rafforzare il sistema dei controlli e la trasparenza . Dal 1991 ad oggi si registrano ben 291 scioglimenti per mafia di enti locali, pari a 229 comuni. Numerosi i casi di comuni sciolti due volte (42 casi) o addirittura tre volte (13 casi). Si tratta per lo più di comuni di piccole e medie dimensioni.

Una relazione su cui si sofferma il presidente del Senato Pietro Grasso: “La mafia non è solo storia. Sconfitta, grazie all’azione di magistratura e forze dell’ordine, la mafia stragista di Provenzano e Riina, la cui recente morte deve costituire un motivo di particolare attenzione sulla possibilità che venga ricostituito l’organismo unitario di vertice decisionale e strategico di Cosa Nostra, le organizzazioni criminali di tipo mafioso ancora oggi fanno sentire la loro presenza”.