Aveva solo 17 anni Miriam Battaglia quando morì nel marzo del 2016 all’ospedale di Termini Imerese. Sono I medici non avrebbero diagnosticato una trombo embolia polmonare. Il quadro clinico fu erroneamente trattato come un caso di addome acuto con emorragia pelvica.

Cinque condanne ed un’assoluzione

Il Tribunale di Termini Imerese presieduto da Vittorio Alcamo ha così condannato a due anni di carcere per omicidio colposo: Alessandro Casimo, Giuseppe Catanesi, Giuseppe La Rocca, Valeria Romano e Alessandro Chines. Questi dovranno anche risarcire i familiari della ragazza, parte civile al processo con l’assistenza all’avvocato Claudio Alessandro Colli.

Unico assolto il cardiologo Domenico Di Vincenzo, difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Francesco Paolo Sanfilippo.

I fatti

Miriam si presentò al pronto soccorso di Termini Imerese in preda a dolori addominali. La studentessa aveva iniziato a stare male al rientro della scampagnata di Pasquetta del 2016. Inizialmente si pensò a una intossicazione. Ma peggiorava di ora in ora e così i parenti l’accompagnarono al pronto soccorso.

Fu sottoposta a una serie di visite e accertamenti per effettuare la diagnosi. Si ipotizzò anche un avvelenamento. Alla fine fu eseguito un intervento chirurgico di laparotomia.

L’accusa

I familiari sporsero una denuncia ritenendo che vi fossero stati errori da parte dei medici dell’ospedale di Termini Imerese. La Procura della Repubblica dispose l’autopsia. La conclusione fu che la ragazza era morta per un’embolia polmonare.

Secondo l’accusa, un’errata interpretazione dell’elettrocardiogramma effettuato da Di Vincenzo avrebbe indotto in errore tutti gli altri medici.

Le difese presenteranno ricorso in Appello

I legali di Di Vicenzo hanno sempre sostenuto che il loro assistito si fosse limitato a refertare in maniera corretta l’esame senza avere mai visto la paziente e, quindi, non aveva avuto la possibilità di effettuare la diagnosi di embolia.

Degli altri medici invece sarebbe stata la responsabilità di non avere avviato subito una terapia che avrebbe potuto evitare il decesso. Una ricostruzione contestata dalle difese che presenteranno ricorso in appello.