Niente domiciliari per Giovanni Brusca: è il parere espresso dalla Procura generale della Cassazione nella requisitoria scritta con la quale contrasta la richiesta della difesa dell’ex boss, condannato per la strage di Capaci e altri gravi delitti, di ottenere gli arresti domiciliari in località protetta.

Lo si apprende da fonti giudiziarie. Il verdetto degli ‘ermellini’ è previsto per domani. Brusca è in carcere a Rebibbia.

La sezione penale Corte di Cassazione si è riunita sul caso del killer della strage di Capaci e non solo Giovanni Brusca che ha chiesto di finire la pena ai domiciliari. L’udienza si svolge a porte chiuse, senza la presenza dei difensori che hanno mandato memorie scritte. Il verdetto si saprà domani.

Dopo ventitré anni di carcere Brusca potrebbe finire di scontare la pena ai domiciliari. Ancora una volta il supermafioso tenterà di ribaltare l’ennesimo rifiuto, alla richiesta di domiciliari, del tribunale di sorveglianza. Oggi la prima sezione penale della Corte di cassazione, si riunirà per decidere sul ricorso degli avvocati del boss, Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti. Giovanni Brusca, che faceva parte dell’efferato clan mafioso dei corleonesi, veniva  definito “u scannacristiani” per la sua ferocia nel commettere omicidi, tra cui anche quello del piccolo Giuseppe Di Matteo.

Il legale contesta che nell’ultimo rifiuto del marzo scorso, il nono dal 2002, il tribunale di sorveglianza di Roma non ha tenuto nella giusta considerazione le valutazioni del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che dopo i precedenti no ha detto sì all’ipotesi che il pentito sia detenuto a casa. La Procura Nazionale Antimafia aveva detto di sì: “E’ ravveduto”.

“Giovanni Brusca terminerà comunque di scontare la sua pena in carcere nel 2022, se la Cassazione non accoglierà la richiesta di collocarlo ai domiciliari, ma potrebbe tornare libero alla fine del 2021 perchè ha uno ‘sconto’ di 270 giorni come previsto dal regolamento carcerario” dice l’avvocato Antonella Cassandro, uno dei legali che ha patrocinato il ricorso dell’ex boss alla Suprema Corte. “Nel suo parere negativo alla detenzione domiciliare, il Pg della Cassazione – ha spiegato Cassandro – ha condiviso le motivazioni del Tribunale di sorveglianza che ritiene che Brusca non si sia ravveduto a sufficienza”. Cassandro ha sottolineato che oltre al Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, hanno dato parere favorevole ai domiciliari anche la direzione del carcere di Rebibbia, e le autorità di pubblica sicurezza di Palermo.

Intano Maria Falcone, sorella del giudice assassinato proprio nelle strage di Capaci, continua a sostenere che “Brusca non merita ulteriori benefici”. “Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione – dice la presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia -, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca”.

Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, aveva negato la scarcerazione, avanzando pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento.  “Mi limito a citare la motivazione del provvedimento in cui il tribunale – continua Maria Falcone -, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca ‘un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile’”.

Giovanni Brusca è l’uomo che innescò l’esplosione che uccise il giudice Giovanni Falcone e la scorta. “Ricordo ancora – aggiunge – che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso – tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni- ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici”.