I no green pass sono tornati a far sentire la propria voce. Lo hanno fatto ieri pomeriggio presso il Tribunale di Palermo, in una manifestazione che ha visto la presenza di diverse categorie sociali. Il presidio è stato organizzato dal coordinamento regionale di Italexit, soggetto politico fondato dall’ex M5S Gianluigi Paragone.

I presenti hanno mostrato dei cartelloni riportanti alcuni articoli della Costituzione, chiedendo delle rettifiche ai limiti attualmente imposti dalla certificazione verde. Tra questi quello del limite temporale all’efficacia ai fini di prova del tampone. Attualmente, una negatività al test permette la concessione di un green pass per sole 48 ore. Un elemento che, per i manifestanti, diventerebbe ostativo per le proprie attività, compresa quella lavorativa.

Le opinioni dei “No Green Pass” (VIDEO)

Fra le battaglie maggiormente sostenute dai manifestanti vi è quella del ricorso ai tamponi, in particolare a quelli molecolari. Essi permetterebbero infatti di limitare gli oneri economici per i non vaccinati. “I tamponi sono un’alternativa che noi chiediamo con forza – dichiara Vittoria Di Bella, coordinatrice regionale di Italexit -. E’ inaccettabile che per andare a lavorare ci sia bisgono di un green pass e quindi di un vaccino che non è obbligatorio. E se ci dobbiamo attenere ai DPCM, chiediamo che possano essere utilizzare i tamponi salivari, che hanno un costo irrisorio, evitando una spesa di 50 euro ogni 15 giorni. Noi ci stiamo battendo con tutta l’assistenza legale del partito e per tutte le categorie. Dagli imprenditori ai professori, passando per i nostri ragazzi. Ciò perchè ci stiamo accorgendo che la democrazia e la Costituzione sono calpestate”.

Tra i temi più caldi del sit-in quello del rientro a scuola. Proprio ieri, presso la Prefettura del capoluogo siciliano, si è svolta una manifestazione dei Cobas contro lo strumento varato per limitare gli effetti di diffusione della pandemia. “Il green pass rappresenta in questo momento un problema per il rientro a scuola – evidenzia la professoressa Michela Giuffreda -. Al di là dell’obbligo vaccinale, ciò che non è stato messo rispettato dal Governo è la messa in sicurezza delle scuole. Siamo preoccupati, perchè sarà difficile rispettare il distanziamento e le regole anti-covid. Questo strumento rappresenta un ulteriore ostacolo, in quanto è una legge ingiusta. Non serve per la sanità, ma è un qualcosa di politico”.

“Green pass? Strumento di ricatto”

Sono tanti, fra i presenti, a voler considerare il vaccino come un opzione e non come l’unica alternativa. Fra questi anche Angelo Di Bella, che vede la certificazione verde come una forte limitazione alle proprie libertà personali. “L’art.32 si connette alla questione del green pass, perchè quest’ultimo è uno strumento coercitivo – attacca -. A prescindere dalle posizioni sul vaccino, contestiamo il green pass. Una tessera che discrimina fra i vaccinati e i non vaccinati. E discrimina che cosa? La libertà”.

A rincarare la dose però è l’avvocato Giuseppe Sottile, fra gli interlocutori che hanno preso la parola al megafono durante il sit-in. Il legale si spinge in un’interpretazione  dura dello strumento introdotto dal Governo nazionale. “E’evidente che il no al green pass deriva dal fatto che non ha nessuna ratio ne logica ne giuridica. Avrebbe senso se, chi è vaccinato, non possa contagiare gli altri. Invece non è così. C’è una ragione di sicurezza e di salute per cui alla base ci possa essere questo strumento? No. E’ chiaro che la certificazione verde ha soltanto la funzione di costringere le persone a vaccinarsi, creando tutta una serie di impedimento”.

“Non vedo il vaccino ne come positivo ne come negativo. E’ uno strumento con cui si può combattere la pandemia. Chi vuole vaccinarsi è libero di farlo, così come chi non vuole farlo. C’è una libera scelta di non vaccinarsi. Questi elementi (il green pass n.d.r.) servono come uno strumento di ricatto, mettendo tutta una serie di difficoltà ed impedimenti, per costringere le persone a vaccinarsi“.

 

 

Articoli correlati