“La strage di Capaci avvenne il 23 maggio 1992; quattro-cinque giorni dopo, nel pomeriggio, ero in commissariato e arrivò una telefonata dell’ingegnere Francesco Flores Naselli, cognato del generale Dalla Chiesa. Mi disse che aveva cose importati da riferire sulla strage, io chiesi un numero fisso e me lo diede e allora mi recai nel suo ufficio. Mi confermò il legame di parentela con Dalla Chiesa e mi disse che era titolare di società di servizi informatica e che il giorno precedente la strage, il 22 maggio, si trovava a transitare sull’autostrada in direzione dell’aeroporto, si doveva imbarcare alle ore 13. Superato lo svincolo di Isola delle Femmine vide sul ciglio della carreggiata opposta un furgone bianco. Poichè personale della sua ditta aveva affittato un furgone, pensando che fosse dei suoi collaboratori, lasciò la macchina con le 4 frecce accese e si portò sul ciglio della carreggiata opposta ma vide che il furgone non era quello della sua ditta. Dando un’occhiata, intravide che il mezzo mancava della targa anteriore, gli sportelli posteriori erano aperti e dentro c’erano attrezzi da lavoro con segnali autostradali per il restringimento di corsia. Guardando oltre il guardrail vide due uomini intenti a sbrogliare una matassa di filo nero: uno lo vide bene e non gli sembrarono particolarmente preoccupati che lui li stesse osservando”.

Lo ha raccontato Roberto Di Legami, dirigente superiore della Polizia di Stato in servizio presso l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale ieri sera davanti alla Commissione antimafia. Venne fatto un identikit dell’uomo il cui volto l’ingegnere Naselli ricordava e questi poi si disse sicuro che corrispondeva al viso di Santino di Matteo, detto Mezzanasca, poi condannato come uno degli autori della strage di Capaci.

Singolarmente i nuovi particolari sulla strage emergono davanti alla Commissione antimafia in un giorno in cui di quella strage si torna a parlare per altre vicende legate al 1992 solo attraverso un cognome e non nei fatti.

L’operazione della Dia di Palermo ieri contro la mafia dell’renella, infatti,ha portato all’arresto anche di Giuseppe Costa. Si tratta del fratello di Rosaria Costa vedova di Vito Schifani agente di scorta di Falcone morto proprio in quella strage. Due vicende slegate fra loro ma che singolarmente capitano nelle stesse ore

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