I sostituti procuratori generali Umberto De Giglio e Domenico Gozzo hanno chiesto la conferma della condanna all’ergastolo del boss Nino Madonia, imputato dell’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi nel 1989 a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo.  Il processo si svolge davanti alla corte d’assise d’appello.

I magistrati e la requisitoria

I magistrati nel corso della requisitoria hanno ribadito, citando le dichiarazioni di diversi pentiti come Vito Lo Forte, Gaspare Mutolo, Enzo Brusca, Giusto Di Natale, Francesco Di Carlo, Francesco Marino Mannoia, Giuseppe Marchese e Nino Giuffrè, che a determinare l’assassinio dell’agente e della moglie, incinta di pochi mesi, fu il suo lavoro e in particolare l’incarico di dare la caccia ai latitanti.

Sulla vicenda è in corso un altro processo, col rito ordinario, in cui sono imputati il boss Gaetano Scotto, accusato di omicidio come Madonia, che scelse l’abbreviato, e Francesco Paolo Rizzuto, amico della vittima, imputato di favoreggiamento.

Il primo processo

La Dia ha indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia, boss di Resuttana, e Scotto, da sempre indicato come trait d’union con appartenenti ai Servizi di sicurezza, e sulla figura di Aiello, noto come “faccia da mostro”, un personaggio dalle mille ombre con legami con ambienti della eversione nera. Decisive le dichiarazioni dei pentiti Vito Gelatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato, ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari.

Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura di cui la vittima faceva parte nei depistaggi di alcune indagini. Nel contesto della nuova inchiesta è emersa la figura di Francesco Paolo Rizzuto, soprannominato “Paolotto”, che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima ad una battuta di pesca.

I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini. La mattina dopo, Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dalla famiglia dell’agente. Secondo gli inquirenti in piu’ occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto. Da anni il padre della vittima, divenuto simbolo di una battaglia coraggiosa per la ricerca della verità’, denuncia i depistaggi e le connivenze che hanno protetto i responsabili della morte del figlio e chiede giustizia.

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