La certezza dopo 9 anni è che fu omicidio quello del cameraman palermitano Mario Biondo. Il gip di Palermo Nicola Aiello però non può far altro che archiviare il caso senza colpevoli. E’ passato troppo tempo e ci sono fondate difficoltà a trovare prove inconfutabili che possano dimostrare questa tesi oltre ogni ragionevole dubbio. Il problema sarebbe dovuto alle indagini incomplete e frettolose degli investigatori e della magistratura spagnola che lavorano nell’immediatezza dei fatti dal momento che Biondo fu trovato morto nel 2013 nella sua casa di Madrid dove abitava con la moglie, Raquel Sanchez Silva, nota giornalista e conduttrice televisiva spagnola.

Le incongruenze

Il caso venne quasi subito archiviato come un suicidio provocato da un auto gioco erotico. Altre falle sarebbero riconducibili all’esame tossicologico che prima rivelò presenza di stupefacenti e alcol nel sangue della vittima ma i successivi accertamenti lo smentirono. Non ci fu neanche alcuna intercettazione o indagine ben specifica attorno ai presunti sospettati, a cominciare proprio dalla moglie del cameraman.

Aggrappati a facebook

Ci si era addirittura aggrappati a facebook per tentare di trovare solide basi d’indagine che confutassero l’ipotesi dell’omicidio. Nel febbraio scorso la Procura generale di Palermo, che ha avocato l’inchiesta e dopo diversi accertamenti aveva chiesto l’archiviazione del caso, aveva scritto a Facebook europeo, che ha sede a Dublino, per risalire all’identità di chi, conoscendone la password, si sarebbe collegato con il cellulare al wifi dell’abitazione del giovane poche ore prima della sua morte.

La famiglia non ha mai creduto al suicidio

Gli accertamenti sono stati avviati, nonostante la richiesta di archiviazione pendente davanti al gip, dopo che la difesa della famiglia Biondo, che non crede alla tesi del suicidio ma è certa che il ragazzo sia stato ucciso, ha depositato una serie di indagini difensive compiute da un pool di consulenti italo-americani della società Emme Team.

La scoperta degli accessi al suo account Fb

Il team di esperti italo-americani, dopo aver scoperto che, il giorno della morte del cameraman dall’account di Biondo sarebbero stati fatti diversi accessi, ha depositato una corposa memoria. I consulenti hanno anche accertato la presenza di dispositivi estranei alla vittima che ne controllavano messaggi e contenuti, altro dato su cui sono stati chiesti chiarimenti a FB, e ha denunciato una serie di incongruenze nelle conclusioni del consulente dei pm secondo il quale Biondo non utilizzava profilo social ed email dal 2011. La Emme Team ha sostenuto di aver scoperto migliaia di pagine di dati, messaggi, post della vittima e tutti gli indirizzi IP di chi controllava i profili social di Mario Biondo, anche la notte della sua morte.

La carta di credito

Le indagini difensive nei mesi scorsi hanno svelato anche particolari sull’c di Biondo. All’ora del decesso, dalle indicazioni trovate il cameraman si trovata in casa con il telefono e computer connessi al Wi-Fi e in contemporanea a oltre un km di distanza pagava con la carta di credito, mai stata trovata, una consumazione in un cocktail bar.

Mario non era solo in casa

Dalla perizia informatica di Emme Team emergerebbe che Biondo, contrariamente a quanto sostenuto dai pm spagnoli, all’ora della morte non era solo in casa e che qualcuno ha usato la sua carta di credito in un locale notturno di Madrid, poco distante dalla sua abitazione, tra le 2:08 e le 2:53 del mattino. Entrambi i dispositivi sarebbero stati nuovamente utilizzati in casa di Biondo alle 19:00 del 30 maggio, quando all’interno erano presenti le forze dell’ordine.

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