Il gup del Tribunale di Termini Imerese, Emanuele Bencivinni, ha rinviato a giudizio Pietro Morreale, accusato del reato di omicidio volontario e di occultamento del cadavere dell’ex fidanzata Roberta Siragusa, la giovane di 18 anni uccisa a Caccamo il 24 gennaio 2021. Oggi si è tenuta l’udienza al Tribunale di Termini Imerese.

Accolta la richiesta dei pm

Il gup ha accolto la richiesta del sostituto procuratore di Termini Imerese, Giacomo Barbara e del procuratore capo, Ambrogio Cartosio. La pubblica accusa ha contestato all’indagato, in stato di custodia cautelare in carcere, il reato di omicidio con l’aggravante di avere commesso il fatto contro la persona a lui legata da relazione affettiva e di avere commesso il fatto con premeditazione e di avere agito con crudeltà. Gli avvocati che assistono la famiglia della vittima sono Sergio Burgio, Giuseppe Canzone e Giovanni Castronovo. Ammesse tutte le parti civili. Si tratta della mamma di Roberta, Iana Brancato, del padre Filippo Siragusa, del fratello Dario, della nonna materna e dell’Associazione Insieme per Marianna. Assente il comune di Caccamo che potrebbe costituirsi in seguito. La prima udienza del processo sarà celebrata in sede di Corte d’Assise  il prossimo 1 marzo nell’aula bunker del Carcere Pagliarelli di Palermo,

L’omicidio del gennaio 2021

Roberta Siragusa, di appena 17 anni era stata ritrovata senza vita e con delle ustioni sul corpo in un dirupo del Monte San Calogero, a Caccamo, la mattina del 24 gennaio scorso. Fu proprio il ragazzo a far ritrovare il cadavere di Roberta Siragusa quel giorno. Avevano passato la serata insieme con altri amici, nonostante la zona rossa. Poi, a dire dell’indagato, avrebbero litigato e lei, dopo essersi cosparsa di benzina, avrebbe deciso di uccidersi. Morreale spiegò che per cercare di salvarla si sarebbe anche bruciato una mano. Una versione che per gli inquirenti è stata sempre ritenuta inattendibile.

Uccisa e data alle fiamme

Dall’autopsia era infatti emerso che la ragazza avrebbe avuto una profonda ferita alla testa e segni di ustioni in vari punti del corpo, tanto da non avere più i capelli. Successivamente, grazie alle immagini riprese da alcune telecamere di sorveglianza vicino al campo sportivo di Caccamo e ad alcuni oggetti – tra cui una chiave che era certamente di Roberta Siragusa – la Procura ha sostenuto che la giovane sarebbe stata uccisa proprio lì e poi data alle fiamme. Un’auto – che per l’accusa sarebbe quella di Morreale – sarebbe poi rimasta ferma mentre era in corso il rogo. Secondo questa ricostruzione, il corpo senza vita della ragazza sarebbe stato poi trasportato lungo il Monte San Calogero e poi gettato nel dirupo, dove non furono trovate tracce d’incendio. Per gli investigatori, inoltre, una telecamera avrebbe ripreso l’auto di Morreale passare per ben due volte lungo la strada sterrata che porta a quella zona di Caccamo nella notte tra il 23 e il 24 gennaio.

Il giovane in carcere dal primo giorno

Gli amici dei due spiegarono ai carabinieri che tra i due giovani vi sarebbe stato un rapporto “morboso” e che Morreale avrebbe anche picchiato e minacciato pesantemente la vittima. Uno di loro, che fu quasi certamente l’ultimo ad aver sentito Roberta Siragusa quella sera, aveva consegnato un scambio di messaggi, avvenuto intorno all’una. “Lei mi ha inviato un messaggio dicendomi che Pietro voleva avere un rapporto sessuale con lei. All’1.06 mi ha scritto: ‘Devo staccare’, all’1.07: ‘Vediamo come va a finire con quello’ e all’1.09: ‘Torno tra mezz’ora, non più tardi’. Le ho risposto alle 2.30 e le ho detto di contattarmi per qualsiasi cosa”. Ma la diciassettenne non aveva dato più alcun segnale. Tanto che il giovane aveva detto: “Non ho dormito per tutta la notte per un brutto presentimento”, aggiungendo che “ho detto più volte a Roberta d’interrompere la relazione con Pietro perché sarebbe accaduto qualcosa di brutto, lei mi rispondeva dicendomi di aver paura delle minacce di Pietro rivolte sia a lei che alla sua famiglia”. La Procura non ha mai creduto alla versione alternativa fornita dall’indagato, che è assistito dall’avvocato Gaetano Giunta e che si trova in carcere da quello stesso 24 gennaio.

 

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