Il gup Marco Gaeta ha disposto il rinvio a giudizio per i fratelli Matteo e Domenico Romano e il figlio del secondo, Giovanni Battista, accusati dell’omicidio di Emanuele Burgio, il giovane assassinato a colpi di pistola in via Cassari, alla Vucciria, lo scorso 31 maggio.

I tre furono fermati poche ore dopo il delitto dalla squadra mobile. Il processo per loro inizierà il 13 luglio davanti alla prima sezione della Corte d’Assise.
Il giudice ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Giovanni Antoci e Gaspare Spedale, che contestano anche l’aggravante mafiosa. Nessuno dei parenti della vittima si è costituito parte civile.

I legali degli imputati avevano chiesto il rito abbreviato

Gli avvocati degli imputati, Giovanni Castronovo, Vincenzo Giambruno e Raffaele Bonsignore, avevano chiesto il rito abbreviato. Per questo reato è ormai impossibile dal 2019. Il gup ha respinto l’istanza si va dunque a dibattimento. Emanuele Burgio è figlio di Filippo, condannato in via definitiva per mafia. I fratelli Romano e il figlio di uno di loro andarono alla Vucciria dopo un incidente stradale avvenuto prima dell’omicidio.

I fatti della sera del 31 maggio 2021 ripresi dalle telecamere

La sera del 31 maggio furono i Romano ad andare alla Vucciria, uno di loro armato di pistola. Le telecamere di sorveglianza avevano ripreso una discussione molto animata davanti alla trattoria “Zia Pina” gestita dalla famiglia di Burgio. Poi Giovanni Battista Romano avrebbe preso la pistola che teneva dietro la schiena e l’avrebbe passata allo zio Matteo che materialmente avrebbe aperto il fuoco contro il giovane, che aveva inutilmente tentato di scappare.

Domenico Romano, l’unico degli imputati che aveva deciso di rispondere alle domande del gip dopo il fermo, spiegò che Burgio sarebbe stato un violento (“se non mandava cinque persone in ospedale ogni sera non se ne saliva”) e che nonostante si fosse posto nei suoi confronti con “sottomissione”, la lite alla Vucciria era degenerata. La vittima, secondo la sua versione, avrebbe minacciato loro: “Vi devo scippare la testa e poi ci devo giocare a pallone”.

Oltre alle immagini delle telecamere, contro gli imputati c’erano una serie di intercettazioni (tra cui: “Ho comprato la pistola ieri e mi sono andato a rovinare!”). Ma Domenico Romano aveva spiegato: “Se dobbiamo fare una cosa del genere (cioè l’omicidio, ndr) non andiamo lì, con 200 mila persone e 300 mila telecamere monitorate a 360 gradi, con i nostri motori e cose…”, cercando di escludere dunque la premeditazione. La Procura e ora anche il gup sono stati di un altro avviso.

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