La polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza cautelare firmata dal gip nei confronti di 9 indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Di questi 8 sono finiti in carcere ed 1 agli arresti domiciliari. Sarebbero tutti esponenti della famiglia mafiosa della Noce.

Le indagini sono state coordinate dalla Dda. Il provvedimento nasce da un’indagine avviata nel 2020 dalla squadra mobile di Palermo e dal servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine. Cinque dei nove coinvolti nelle indagini sono già stati condannati a vario titolo per appartenere a cosa nostra.

I nomi degli indagati

Gli indagati nell’operazione antimafia alla Noce della squadra mobile di Palermo sono: in carcere Giacomo Abbate, 32 anni, Salvatore Cinquemani, 42 anni, Angelo De Stefano, 41 anni, Guglielmo Ficarra, 63 anni, Daniele Formisano, 47 anni, Giovanni Giordano, 49 anni, Vincenzo Landolina, 33 anni, Carmelo Giancarlo Seidita, 47 anni. A idomiciliari Francesco Scaglione, 75 anni.

Il nuovo capo della Noce

Nel corso dell’indagini sarebbe stata così documentata l’ascesa al vertice del mandamento Noce e Cruillas di Carmelo Giancarlo Seidita che sarebbe ritenuto l’attuale capo, tornato al vertice dopo un lungo periodo di detenzione in carcere.

La sua ascesa ai vertici di cosa nostra sarebbe già stata favorita, negli anni passati, dai fratelli Lo Piccolo, alla presenza dei quali, peraltro, sarebbe stato “combinato”, e già messo a capo del mandamento.  Grazie al suo passato avrebbe in poco tempo riorganizzato il suo potere e imposto nuove regole nel mandamento, attraverso riunioni che sarebbero state registrate dalla polizia giudiziaria. Riunioni riservate, secondo un collaudato protocollo di riservatezza, dove si partecipava, senza telefonino, in lunghe passeggiate lungo le pubbliche vie con i vertici delle altre famiglie mafiose. Si sarebbe circondato di uomini di fiducia mettendo ai margini quelli ritenuti nel mirino delle forze dell’ordine.

Estorsioni a tappeto

Gli agenti di polizia hanno ricostruito la nuova organizzazione compreso chi aveva in gestione la cassa della famiglia mafiosa (“u vacilieddu”). I nuovi vertici avrebbero imposto le estorsioni a tappeto con l’imposizione del pizzo a tutti gli esercizi commerciali. Una strategia criticata da alcuni affiliati poiché sarebbero stati vessati anche gli ambulanti e attività minori. Nel corso di una riunione del vertice mafioso sarebbe stato rimproverato al capo famiglia della Noce, l’avvenuto aumento di nuove attività commerciali che andavano sottoposte a un più incisivo controllo della famiglia mafiosa. Il nuovo capo si sarebbe impegnato a fare il possibile per riportare il territorio e le relative attività economiche sotto il totale controllo della famiglia mafiosa, nonostante i rischi connessi a una sua sovraesposizione nella riscossione del pizzo.

Niente parenti tra le forze dell’ordine

Il rispetto delle regole di cosa nostra per gli associati sarebbe il leitmotiv dell’intera indagine. I nuovi vertici avrebbero ricercato in modo spasmodico nuovi affiliati rispettosi delle regole di comportamento imposte ai membri di cosa nostra, compresa la regola secondo la quale non sarebbe consentita l’affiliazione di soggetti imparentati con appartenenti alle forze dell’ordine. Unica eccezione che sarebbe stata fatta per il capo famiglia della Noce il quale tuttavia si sarebbe lamentato di non essere riuscito a ricoprire una gerarchia criminale più alta proprio a causa di questa macchia, motivo che, tra l’altro, l’aveva spinto a troncare ogni rapporto con la sua famiglia, genitori compresi.

Il controllo del territorio a tappeto

Il controllo del territorio sarebbe stato esercitato in modo capillare. Tutto veniva controllato anche un furto di un’auto o in un’abitazione avrebbe provocato l’irritazione di cosa nostra che, tramite i suoi affiliati, così come emerso in corso di indagine, si sarebbe attivata per individuarne gli autori ed evitare ulteriori episodi come anche l’occupazione abusiva degli immobili sarebbe stata sottoposta all’autorizzazione mafiosa, scegliendo anche gli eventuali beneficiari di fatto. Nessuna attività produttiva sarebbe sfuggita alle attenzioni di cosa nostra, dal negoziante all’ambulante; tutti gli esercenti sarebbero soggetti al pizzo quando non addirittura costretti a chiedere l’autorizzazione prima di avviare i lavori. Così è stata chiesta l’autorizzazione all’installazione di alcuni distributori a gettoni presso esercizi commerciali della zona, o l’autorizzazione per acquistare un parcheggio con il preciso divieto di avviare l’attività di autolavaggio e ancora l’autorizzazione alla ristrutturazione di immobili. Se i commercianti in crisi a causa della pandemia osavano ribellarsi al pizzo e rispondere a tono all’estorsore venivano rimproverato in modo violento.

Il questore Leopoldo Laricchia

“Con l’operazione antimafia ‘Intero mandamento’ è stato disarticolato il mandamento mafioso della Noce, arrestando il presunto capo mandamento e capo famiglia di Cruillas/Malaspina, Noce e Altarello. Capi e stretti collaboratori che avevano steso una rete intimidatoria sui quartieri, riscuotendo il pizzo da imprenditori di tutte le attività,  anche le più piccole, gestendo le piazze di spaccio, indicando e autorizzando le stesse occupazioni abusive di immobili e, naturalmente, controllando lo spaccio in tutto il mandamento”. Lo ha detto il questore di Palermo Leopoldo Laricchia commentando l’operazione antimafia che ha disarticolato il mandamento della Noce.

 

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