Palazzo dei Normanni riscopre le sue radici puniche e vive una nuova stagione di splendore. Non parliamo di politica, ma di cultura e identità. Il Palazzo Reale è il luogo simbolo dell’identità siciliana. La “cura” della Fondazione Federico II inizia a dare i suoi frutti. Adesso, con la conclusione della XVII legislatura, è tempo di fare bilanci e comprendere quali possano essere le strategie future per continuare il percorso virtuoso tracciato.

Palazzo dei Normanni e le sue radici puniche

Alla guida della Fondazione Federico II c’è Patrizia Monterosso. Palazzo dei Normanni, esordisce la manager, “”è un palazzo che è un libro vivente di storia. Quindi bisognava riportare alla luce il percorso archeologico del palazzo dove per un periodo nefasto di Palermo si lavavano le vetture del palazzo. Era un autolavaggio”. Le “radici” profonde del palazzo, che raccontano della stagione punica che si perde nella notte dei tempi, era state sfregiate e trasformate in covo per pulire le automobili dei “potenti”.

“Abbiamo detto no alla mercificazione della cultura”

Monterosso spiega perchè sia avvenuto questo: “avviene quando si mercifica la cultura, quando non ci si renda conto di quanto sia preziosa la cultura per se stessa e per gli altri. Quindi anche tutto ciò che è meraviglioso, può essere ridotto a deposito e autolavaggio”.

La “cura della Fondazione Federico II

Come è intervenuta la Fondazione: “la nostra è stata una cura che porta cura, una cura culturale di uno sviluppo di intelligenza e di conoscenza, ma che porta anche economia, perché significa significava riportare, allargare il percorso di visita”. In pratica si è intervenuti “recuperando tutti i reperti che negli scavi dell’84 erano stati rinvenuti e poi portati al deposito”.

Qualcuno avrà persino storto il naso di fronte a questa opera di recupero. Magari, per lasciare la cose come stavano e continuare a lavare le auto laddove si trovano le radici storiche e culturali della città di Palermo. “Sarebbe stato meglio lasciarli e non fare gli scavi?  Invece no. Abbiamo fatto questa operazione di interlocuzione molto forte, di recupero e abbiamo riportato a Palazzo quella storia che sono le radici puniche non solo del palazzo ma della città. Perché quella è la nostra origine”.

Oggi si trovano tra l’altro anche 110 reperti integri del periodo punico. Un dono per la città e per la sua storia. E’ stato così posto rimedio a una prassi che “aveva eliminato una porzione della storia e della cultura, non solo del suo territorio. È come se fosse passata inutilmente una civiltà da un territorio e sia stata cancellata per motivi organizzativi. Questa si chiama violenza”.

La Fondazione ha cambiato pelle

Oltre alla rivalutazione del “sentiero” punico, in questi quattro anni e mezzo, la Fondazione ha cambiato pelle. Non è un “peso” per la pubblica amministrazione, ma una risorsa che si autoalimenta e si autogestisce. Come spiega Monterosso: “Le mostre hanno portato a un impatto economico importantissimo, tanto che la Fondazione si autoalimenta. Fatta eccezione per quegli interventi straordinari  del periodo Covid”. (segue)

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