L’inchiesta è partita da Palermo e ha consentito alla polizia postale di sgominare una rete di pedofili in tutta Italia che si scambiava migliaia e migliaia di immagini e filmati pedopornografici.  Per 13 persone sono scattati gli arresti, altri 21 sono stati denunciati a piede libero.

Le indagini, durate più di un anno e mezzo, sono state condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Palermo dal Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni per la Sicilia Occidentale con il coordinamento del Servizio Centrale, presso il Centro Nazionale per il Contrasto della pedopornografica on-line (C.N.C.P.O.).

Sequestrati 250.000 file

Nella fase esecutiva, realizzata con il prezioso supporto degli Uffici di Specialità di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Milano, Napoli, Pescara, Reggio Calabria, Roma, Torino, Trento, è stata ricostruita l’intera rete di rapporti, tra cittadini italiani e stranieri, che detenevano e scambiavano su internet, foto e video ritraenti atti sessuali tra adulti e minori, violenze sessuali subite da bambini, e talvolta anche contenuti pedopornografici realizzati in danno di neonati. In totale si è proceduto al sequestro di più di duecentocinquantamila file.

 

Operazione sotto copertura nel Dark Web

L’indagine prende le mosse dall’attività di monitoraggio in materia, svolta d’iniziativa da tutti i Compartimenti sul territorio tanto sui canali di file sharing, quanto su piattaforme di chat e nel Dark Web, luoghi virtuali questi ultimi dove è necessario imbastire vere e proprie attività sotto copertura finalizzate all’accreditamento e identificazione dei responsabili.

Proprio su queste basi, nell’ottobre 2019, la Procura della Repubblica di Palermo ha autorizzato a svolgere attività sotto copertura ai sensi della normativa specialistica di contrasto, che prevede altresì il coordinamento nazionale del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, in ragione dell’esclusività di competenza all’effettuazione di indagini undercover.

Gli operatori, introdottisi all’interno di canali specifici di interscambio del materiale illecito, considerati dagli indagati affidabili in ragione dell’anonimato garantito agli internauti, sono riusciti a individuare le utenze mediante cui avvenivano le connessioni oggetto di indagine, risalendo a soggetti residenti in 13 diverse regioni italiane.

Il materiale sequestrato agli indagati

L’attività d’indagine oltre agli accertamenti informatici ha utilizzato le tecniche tradizionali come il sopralluogo, il  pedinamento e l’osservazione, degli indagati. Tutto è servito per portare ai decreti di perquisizione locale e informatica che sono stati eseguirsi su tutto il territorio nazionale.

Presso le abitazioni degli indagati sono stati sequestrati dagli investigatori della Postale numerosissimi dispositivi informatici, utilizzati anche per la conservazione dei file conservati, talvolta nascosti in contenitori di uso comune, come provette e confezioni per farmaci. Tutti i supporti sono stati altresì oggetto di perquisizione informatica effettuata sul posto, grazie alla quale in 13 casi è stata cristallizzata la detenzione di ingente quantità di file pedopornografici, facendo scattare l’arresto facoltativo in flagranza di reato. In altri 21 casi, gli operatori hanno denunciato gli indagati a piede libero a vario titolo, per reati afferenti alla pornografia minorile.

Chi sono i coinvolti nell’operazione

Come sovente si registra nel contrasto a reati di tal specie, si segnala la assoluta varietà dei profili e delle età dei soggetti coinvolti, dal lavoratore autonomo al lavoratore dipendente, da chi possiede un titolo di studio di base al laureato. Ciò, a testimonianza della diffusione trasversale del fenomeno, che impegna quotidianamente la Specialità nell’incessante attività di prevenzione e contrasto.

Sotto il profilo internazionale, sono ancora in corso accertamenti volti alla condivisione con i collaterali stranieri dei dati raccolti, così come è tuttora in corso l’analisi delle immagini e dei frame del materiale sequestrato, nel tentativo di dare un nome alle piccole vittime di abusi, per consentirne la messa in sicurezza e l’avvio di idonei percorsi di recupero.

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