Non solo agricoltori. La crisi del settore primario in Sicilia riguarda anche i pescatori. Una categoria che, a sentire chi opera ogni giorno in mare, starebbe subendo la difficile convivenza con i limiti imposti dai trattati internazionali e dalle regole statuite a livello comunitario. Dal costo del carburante alle normative in materia di fermo biologico e liberalizzazione della concorrenza. Un contesto difficile in cui continuare ad operare.

Le difficoltà dei pescatori di Palermo

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Fatto di cui i pescatori di Vergine Maria, Arenella ed Acquasanta hanno parlato in una nota congiunta per parlare delle proprie difficoltà vissute negli ultimi anni. Un lungo documento in cui gli operatori di settore chiedono, in un primo luogo, “una regolamentazione dei prezzi di carburante, licenze e tasse mediante l’istituzione di massimali per reddito”. Fatto su cui, già negli scorsi anni, si è registrata una mobilitazione regionale.

Ma questo non è solo problema che si trovano ad affrontare piccoli e grandi gruppi di pesca. Fra questi rientra sicuramente l’influenza del mercato estero, capace di vendere a prezzi minori e che quindi riduce di molto le entrate degli operatori siciliani, i quali lamentano l’assenza di “sussidi per far fronte al cambiamento climatico e all’inquinamento marino, che rendono sempre più imprevedibili le condizioni della pesca”, nonchè il fatto che “le conseguenze del cambiamento climatico hanno causato non solo la migrazione, ma anche un aumento significativo del numero di individui di specie pericolose per l’ecosistema marino, come il granchio blu e il vermocane”.

La testimonianza

Problemi che riguardano anche le reti. Strumenti sui quali “i pescatori hanno dovuto adeguarsi alle nuove normative vigenti”, registrando “perdite significative a causa delle reti danneggiate. Queste reti, realizzate con materiali scadenti, vengono continuamente danneggiate da delfini e altre specie marine capaci di romperle, portando alla perdita quasi totale del pescato in alcune circostanze”.

A raccontare le difficoltà vissute negli ultimi anni è Bernardo, pescatore dell’Arenella che opera da decenni nel porticciolo della borgata della settima Circoscrizione. “Bisogna fermare le importazioni, anche alla luce degli accordi con i paesi del Nord Africa. Prima con la licenza di pesca, si andava a pescare. Oggi è tutto diverso. Avevo una barca grossa. Ho dovuto svendere tutto perchè non potevo mantenere il personale e i costi di gestione. Il tonno nasce nel Mediterraneo. Perchè non lo devo pescare? Perchè i consumatori devono mangiare quello di bassa qualità? La verità è che la Sicilia non ha più niente in mano”.

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