Cambiano gli spazi e la regole per la cartellonista pubblicitaria a Palermo, e montano le polemiche per la nuova gara indetta dalla Giunta Orlando. L’Aspes, l’associazione che raggruppa le imprese della pubblicità esterna, lancia un attacco all’Amministrazione ed elenca i numerosi rischi all’orizzonte.

La lettera dell’Aspes

“Con riferimento alle nuove procedure di gara indette dal Comune di Palermo per l’assegnazione di spazi su cui installare sul suolo pubblico impianti pubblicitari – scrive l’Aspes – esprimiamo la nostra preoccupazione per il rischio che le stesse possano destabilizzare, per i prossimi 10 anni, il principale mezzo di comunicazione a servizio delle imprese locali che versa ingenti tributi nelle casse comunali ed ha rilevanti ricadute occupazionali sul territorio. Le procedure indette dall’amministrazione comunale si basano su un regolamento sul CUP (Canone Unico Patrimoniale) che risulta lacunoso e contraddittorio rispetto al regolamento sulla pubblicità ed al regolamento TOSAP dallo stesso richiamato che ai sensi della Legge 160/2019 dovevano essere abrogati. Norme regolamentari che lo scorso novembre, sono state oggetto di impugnativa presentata da diverse imprese del settore.

La mancata localizzazione degli impianti, l’imprecisione delle norme del piano e della cartografia a corredo, il sovrapporsi di norme di quattro regolamenti che tra di loro collidono (CUP-Pubblicità-Tosap-Edilizio) ed il mancato parere preventivo della Soprintendenza saranno causa di futuri contenziosi che le ditte aggiudicatarie avvieranno nei confronti del comune con il risultato di paralizzare settore”.

Pronti i ricorsi

“La mancanza di un quadro normativo certo – aggiunge la nota – quasi sicuramente, darà origine a molteplici ricorsi tra le ditte aggiudicatarie e l’amministrazione che, ai sensi della nuova normativa sul CUP, verranno regolati innanzi al giudice civile, con probabili richieste risarcitorie. Con questa procedura l’amministrazione ha disatteso una delibera del Consiglio che imponeva di identificare le ubicazioni degli impianti da assegnare. Infatti, nel capitolato della gara indetta non viene applicata la norma di Piano che prevede l’individuazione delle ubicazioni degli impianti né l’emendamento che prevede la presentazione, con l’offerta economica, di un progetto di collocazione. La mancata individuazione delle ubicazioni degli impianti non consentirà una installazione definitiva degli stessi”.

I rischi: spreco di soldi e cantieri

“Ciò comporterà lo spreco di una decina di milioni di euro necessari per la collocazione di strutture e plinti di fondazione di grandi dimensioni e di opere di adduzione elettrica che le imprese aggiudicatarie dopo 5/10 anni dismetteranno con opere che trasformeranno, alla scadenza di ogni gara, la città in un cantiere. Impianti ed opere di fondazione che altre amministrazioni più attente (come quella di Catania) hanno previsto venissero al termine della concessione devolute gratuitamente all’amministrazione. Inoltre, da una prima lettura delle norme della gara si evidenziano alcuni aspetti che saranno sicuramente oggetto di contestazione.

In particolare:

  • I formati degli impianti previsti in gara non sono in linea con i moderni standard del settore e le norme che regolano la cosiddetta “pubblicità digitale” oltre a non essere chiare rischiano di trasformare la città in una nuova “Las Vegas”.
  • La previsione espressa del rinnovo di ulteriori cinque anni delle concessioni oggetto della gara è difforme rispetto a quanto stabilito nel regolamento che ha fissato la durata delle concessioni in cinque anni. Rinnovo che in quanto subordinato alla decisione dell’amministrazione comunale sottoporrà, ancora una volta, le imprese all’aleatorietà della politica che consentendo o meno il rinnovo quinquennale potrà determinare il successo dell’investimento o addirittura il loro fallimento.
  • La difficoltà interpretativa delle norme su cui si basa la procedura bandita non permette di chiarire se le imprese partecipanti oltre ai canoni dovranno pagare il CUP (Canone Unico Patrimoniale) i cui criteri di applicazione, che di fatto hanno determinato aumenti rilevanti, sono già stati oggetto di impugnativa da parte delle imprese.
  • Le norme di gara non chiariscono se il canone che dovranno corrispondere le imprese aggiudicatarie, potrà subire ulteriori aumenti del CUP che non hanno alcun limite normativo. Peraltro, mentre veniva diffuso il bando di gara, senza che alle imprese venisse comunicato nulla, veniva deliberato un aumento del CUP che in venti anni raggiungerà il 100% (Del. G.M. n° 309/2021) e non è chiaro se ciò influirà sui canoni che saranno stabiliti in gara”.

3.500 impianti per 3 milioni

“Con questa concessione l’amministrazione farà realizzare alle imprese aggiudicatarie 3.500 impianti per un valore di circa 3 milioni di euro – importo che sarà causa di una riduzione delle offerte – per approntare spazi per le affissioni comunali che risultano inutili non esistendo più l’obbligo da parte del Comune di gestire le pubbliche affissioni (L. 160/2019) il cui costo di gestione e notevolmente superiore alle entrate che sembra ammontino a circa 40.000 euro. Tutto ciò a grave nocumento della stabilità finanziaria delle imprese che si aggiudicheranno la concessione e della massima partecipazione alla procedura di gara.

Questa grave incertezza delle norme è uno dei motivi che cozza con il criterio della massima partecipazione in quanto le concessionarie più serie non possono fare dei piani finanziari adeguati”.

Rischio fallimento e licenziamenti

“Inoltre, a nostro avviso, la procedura indetta penalizza la massima partecipazione (canoni elevati, regole incerte, partecipazione a massimo tre lotti) con conseguenti gravi danni sia per il comune che per le aziende, favorendo l’aggiudicazione a quelle imprese con patrimoni modesti che in caso di difficoltà non esiteranno a dichiarare fallimento. Non appare trascurabile che le norme di gara non forniscono la continuità dell’attività pubblicitaria e centinaia di lavoratori del comparto che ai sensi delle norme del bando corrono il rischio di perdere il lavoro in attesa delle nuove concessioni che non è certo che vengano assegnate nella totalità (anzi è probabile il contrario) ed avviate in tempi brevi. Il rispetto per i diritti dei lavoratori avrebbe imposto l’adozione di un regime transitorio durante il quale si sarebbe potuto agevolare la ricollocazione del personale delle imprese che non si aggiudicheranno lotti.

In caso di aggiudicazione di pochi lotti si potrebbe addirittura assistere alla distruzione di una parte rilevante del comparto, alla cessazione dell’attività lavorativa di circa 300 persone ed alla perdita per l’amministrazione di diversi milioni di euro di canone, a fronte di un introito notevolmente inferiore e di una nuova attività modesta.

Ci spiace che nell’approvare il nuovo regolamento sul CUP e le norme di gara l’amministrazione non si sia confrontata con le associazioni di categoria che si sono sempre dichiarate disponibili ad offrire collaborazione. Ricordiamo che anche l’associazione nazionale A.A.P.I. (a cui aderiscono alcune tra le principali imprese italiane e mondiali del settore) quando l’amministrazione comunale ha ritenuto di coinvolgerla ha manifestato grande disponibilità”.

Ricorso al TAR

“La nostra associazione, per quanto negli anni si sia sempre spesa affinché si celebrassero le gare, di fronte al rischio di vedere danneggiare il principale mezzo di comunicazione a servizio delle imprese locali e le centinaia di persone che operano nel comparto, sarà costretta a proporre riscorso innanzi alla giustizia amministrativa. Tutto ciò nell’auspicio che l’amministrazione in breve tempo provveda ad emendare il regolamento sul CUP, eliminando i conflitti presenti, evitando sprechi milionari e dando alle imprese delle regole certe che non consentano all’amministrazione aumenti discrezionali dei canoni. Ciò al fine di bandire una gara che contenga clausole di garanzia a tutela dell’attuale occupazione e porti ad una concessione di suolo pubblico per installazione di mezzi pubblicitari su siti ben individuati, con norme che non penalizzino la massima partecipazione delle imprese. In tal modo si potranno evitare i lunghi e costosi contenziosi con le ditte aggiudicatarie e si potrà realizzare quel riordino definitivo del territorio che da sempre abbiamo richiesto e per il quale ci siamo sempre spesi e che siamo certi si potrebbe attuare”, conclude la lettera dell’Aspes.

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