Un’operatrice televisiva reintegrata sul posto di lavoro e con un contratto a tempo indeterminato. I contratti di lavoro a tempo determinato sono diventati negli ultimi anni sempre più frequenti fino a costituire una delle modalità più utilizzate dai datori di lavoro, ma non possono essere rinnovati all’infinito. È quanto successo a un’operatrice televisiva palermitana che, assistita dallo studio legale Palmigiano, ha avviato una causa nei confronti del proprio datore di lavoro: un noto canale televisivo privato nazionale. Alla fine il giudice ha obbligato l’emittente ad assumerla.

Il percorso lavorativo

Nel 2013 la lavoratrice era stata assunta, con un contratto a tempo determinato di 5° livello, come operatore di emissione, a cui era succeduto, nel 2018, un secondo contratto a tempo determinato. Un lavoro di grande responsabilità in cui la donna oltre a eseguire gli incarichi dovuti per contratto, svolgeva anche mansioni superiori rispetto al profilo formalmente attribuitole, come gestire i materiali inviati dai produttori e il flusso dei materiali inviati dal precedente fornitore di playout, verificare i parametri per la messa in onda, controllare la qualità di tutti i materiali ed eventuale segnalare le problematiche audio/video ai produttori, controllare a campione i materiali acquistati dall’estero, controllare i doppiaggi dal punto di vista tecnico ed editoriale e ancora, creare le scalette dei palinsesti televisivi.

La richiesta delle mansioni svolte

Per la mole di lavoro sostenuto quotidianamente e non conforme al contratto firmato, la donna ha quindi deciso di rivolgersi al proprio editore per farsi riconoscere le mansioni svolte. Ma non avendo ricevuto risposta dall’emittente, la lavoratrice ha quindi deciso di affidarsi allo studio legale Palmigiano, dove, con l’assistenza dell’avvocato Elisabetta Violante, ha iniziato una causa davanti al giudice del lavoro di Roma per dichiarare la nullità del termine inserito nel contratto e la immediata reintegra nel posto di lavoro, con il riconoscimento del 6° livello retributivo.

Cosa prevede la norma

La norma prevede infatti l’indicazione di una causale che renda necessaria l’apposizione di un termine in un contratto superiore ai 12 mesi e, nel caso di specie, mancava. Inoltre, dalla documentazione in possesso alla lavoratrice, era evidente che, pur essendo stata formalmente inquadrata quale 5° livello, in realtà svolgeva mansioni superiori rientranti nel 6° livello del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro. L’emittente si è difesa in maniera pressante, rigettando la tesi di mansioni superiori e ribadendo la validità del contratto a tempo determinato.

Il pronunciamento

Ma il giudice Maria Teresa Consiglio, con sentenza 22526/2020 dei giorni scorsi ha dato ragione alla lavoratrice e ha disposto la reintegra con contratto a tempo indeterminato. “In un periodo storico in cui molte famiglie sono state gravemente colpite da licenziamenti di massa a causa del Covid e in cui le lavoratrici sono soggette a comportamenti illegittimi in termini di salario e condizioni contrattuali, questa sentenza offre speranza, oltre che un monito per tutti i datori di lavoro, che utilizzano impropriamente dei contratti a termine” ha commentato Elisabetta Violante.

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