Il gup di Palermo Maria Cristina Sala ha ammesso le richieste di costituzione di parte civile all’udienza preliminare a carico di boss ed estortori dei mandamenti di Brancaccio e Santa Maria di Gesù presentate dal Comune di Palermo difeso dall’avvocato Ettore Barcellona, dalla Fondazione Falcone e dal Centro Pio La Torre difesi dall’avvocato Francesco Cutraro, dal Fai, da Solidaria, Sos Impresa, Confcommercio Ospedale Civico, Condotta San Leonardo e Consorzio di Bonifica.

Ventinove imputati col rito abbreviato

Ventinove imputati hanno chiesto l’abbreviato. L’udienza è stata fissata al 9 maggio 2023 per la requisitoria dei pm e la discussione parti civili. Il procedimento nasce da una indagine che fece luce sugli affari e sull’organigramma dei clan.

Nel corso dell’inchiesta venne fuori una intercettazione del boss Maurizio di Fede che invitava una amica a non far partecipare il figlio alle manifestazioni organizzate per commemorare il giudice Falcone dalla fondazione a lui intitolata.

Gli imputati che verranno processati in abbreviato sono; Vittorio Emanuele Bruno, Ludovico Castelli, Paolino Cavallaro, Girolamo Celesia, Settimo Centineo, Antonino Chiappara, Giuseppe Ciresi, Maurizio e Vincenzo Di Fede, Gioacchino Di Maggio, Pietro Garofalo, Francesco Greco, Antonino Lauricella, Antonino Lo Nigro, Ignazio Lo Monaco, Salvatore Lotà, Tommaso Militello, Maria Mirabella, Rosario Montalbano, Antonino Mulè, Tommaso Nicolicchia, Giuseppe Orilia, Onofrio Palma, Giuseppe e Pietro Parisi, Vincenzo Petrocciani, Andrea Seidita e Luciano Uzzo.

Gli altri imputati, processati in ordinario, compariranno davanti al gup il 6 aprile per l’udienza preliminare che discuterà dell’eventuale rinvio a giudizio.

Estorsioni a Brancaccio, 20 anni al boss Maurizio Di Fede

Non sapendo di essere intercettato intimava a un’amica di non far partecipare la figlia alle commemorazioni delle stragi in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino. Ad inizio dicembre 2022 il gup di Palermo ha condannato il boss Maurizio di Fede a 20 anni di carcere per associazione mafiosa ed estorsione. Condannati a pene comprese tra 5 anni e 4 mesi e 20 anni anche 11 coimputati: colonnelli, gregari ed ed estortori del pizzo del mandamento di Brancaccio-Ciaculli. Solo uno è stato assolto: Giuseppe Giuliano.

Il processo nasce da una indagine dei carabinieri che, nel 2021 portò in cella 16 persone. L’inchiesta confermò la pervasività dei clan nel tessuto economico e sociale con commercianti e imprenditori pronti a chiedere al capomafia locale l’autorizzazione per aprire le attività e a pregare l’esattore del pizzo a non scrivere il proprio nome nel libro mastro delle estorsioni per evitare di dover rendere conto agli inquirenti qualora il registro delle riscossione fosse trovato.

Le estorsioni

Furono oltre 50 le estorsioni scoperte dagli investigatori. Le vittime non sporsero denuncia e ora rischiano il rinvio a giudizio per favoreggiamento aggravato. Supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto: nel mandamento di Brancaccio Ciaculli pagavano tutti. Tra i fermati poi processati anche Giuseppe Greco, nipote di Michele Greco detto “il papa”, condannato a 16 anni. Greco vantava importanti reazioni con la mafia americana. Secondo gli inquirenti poi, controllava capillarmente il territorio intervenendo anche nella compravendita di terreni e immobili e gestendo il mercato della droga.

L’inchiesta della procura ha svelato quali erano gli affari all’interno del mandamento: il traffico di droga era quello principale, che garantiva maggiori guadagni. Meno redditizio il pizzo che però veniva imposto a tappeto per controllare il territorio. Tra gli imputati, ma deceduto a giugno, c’era anche Ignazio Ingrassia, considerato uomo di fiducia di Greco.