Pilota di caccia militari? No. Pilota di formula 1, allora. Nemmeno. Operaio in una fonderia. O in un altoforno. Sbagliato. Gruista. Ma che dite. E allora trapezista in un circo. Fuori strada, del tutto.

Il mestiere più pericoloso? Oggi e nel futuro? La maestra d’asilo. E delle classi elementari. Più ancora che i professori delle scuole medie inferiori e ovviamente di quelle superiori. La nuova classifica dei mestieri a rischio di vita al tempo del coronavirus sgretola le nostre certezze. E quei volti angelici, i nostri, vostri piccoli vivaci, un po’ discoli va, diventano una bomba ad orologeria. Il volto angelico della morte potenziale per se stessi e per le maestre d’asilo. Il motivo è semplice: le maestre d’asilo non possono garantire al 100% il distanziamento sociale.

Per farlo bisognerebbe legarli i bambini. Alle sedie, all’attaccapanni, al muro con il nastro adesivo. Ma non si può. Ma non è una favola e nemmeno un estremismo. Quanto il risultato di due distinte ricerche dell’Inail, l’istituto nazionale degli infortuni sul lavoro in collaborazione con l’istituto superiore della sanità e l’altra dell’Inapp, l’istituto nazionale per le politiche pubbliche che dipende dal ministero del Lavoro. Ricerche che evidentemente in questo momento rimpolpano i dossier in mano al governo per decidere il calendario delle riaperture economiche nel Paese bloccato dal coronavirus.

E così la classifica è ribaltata. Insieme alle gentili – quando non sono manesche e sono poche per fortuna – maestre d’asilo, un gesto a rischio è quello del barista che ci offre il caffè, quello del barbiere, per non parlare dei dentisti e delle estetiste. Tutte professioni che non prevedono il famoso “metro di distanza” che sembra essere ormai l’unico antidoto miracoloso per fronteggiare la curva dei contagi da Covid19. Ma nella prossimità fisica che ci renderà lavoratori a rischio ricadono anche le professioni che meno avremmo immaginato fino a qualche settimana fa: i disk jokey, i trainers delle palestre, i camerieri. Più di tutti ovviamente le professioni sanitarie. Ma la grande differenza fra questi ultimi e tutti gli altri è che l’attività di assistenza sanitaria che i medici e gli infermieri stanno offrendo in questo mese di emergenza e morte non si può effettuare da remoto. E nemmeno servire il caffè, o mettere musica in discoteca o preparare il fisico alla bella stagione. Di medici e infermieri non possiamo fare a meno. Del resto sì.

Però, c’è un però, a proposito di ripresa e della grande, sotterranea – come il fuoco sotto la cenere – intolleranza che sta maturando nel mondo delle attività produttive: a fronte di una contabilità ancora ballerina – soprattutto nell’evidenza di nuovi contagi (segno che il virus è ancora troppo circolante nella penisola, ndr) – come si può decidere di riaprire tutto e buonanotte al secchio? Gli asili nido e le scuole elementari, con molta probabilità, resteranno chiuse anche a settembre se quello sarà il mese, o il periodo, come qualcuno timidamente comincia a far capire, della seconda, certamente meno virulenta, ondata di contagio. E potrebbe essere diversamente? Vogliamo consegnare due generazioni, quella degli anziani e quella dei bambini, ad un futuro che non verrà? Difficile, certo. E nessuno ha la ricetta giusta ma solo lo spirito polemico che sta per esplodere consegnando il mese di sacrificio che stiamo facendo alle ortiche. E comunque, per il futuro, visto come si affrontano le pandemie: sicuro di voler fare le maestre d’asilo?